Dopo sei settimane di dure proteste, specie dei ferrovieri, che hanno paralizzato la Francia, il presidente Emmanuel Macron ha ritirato temporaneamente la sua proposta di riforma delle pensioni, che pure avrebbe dovuto segnare uno spartiacque del suo mandato. Già a dicembre, a dire il vero, si erano colti segnali negativi con le dimissioni dell’Alto Commissario, Jean-Paul Delavoye, uno dei principali alleati dell’Eliseo. E anche stavolta, diremmo, la piazza ce l’ha fatta. Dopo avere impedito all’allora neo-presidente Jacques Chirac di rivedere il sistema di regole per la pensione e avere bissato il successo con Nicolas Sarkozy un decennio fa, non c’è stato due senza tre.
La riforma delle pensioni paralizza la Francia e Macron stavolta ha ragione
Eppure, questa riforma delle pensioni era tutt’altro che irragionevole. Tre i punti salienti: favorire l’innalzamento dell’età pensionabile con un sistema di calcolo dell’assegno incentivante e riunire i 42 metodi di calcolo dei contributi in un solo schema valido per tutti i lavoratori, agganciandolo per tutti alla contribuzione. In sintesi, oggi i francesi possono andare in pensione già dai 62 anni. L’età pensionabile non sarebbe stata toccata, ma l’assegno pieno sarebbe stato erogato solo per chi fosse andato in pensione a 64 anni. Inoltre, tutti avrebbero ricevuto lo stesso assegno, a parità di contributi versati, mentre oggi 1 euro accantonato per la pensione vale diversamente, a seconda che venga versato da un ferroviere o un infermiere, etc. Infine, maggiore attinenza tra assegno e contribuzione, quando oggi il primo viene calcolato sulla base degli ultimi anni di carriera lavorativa, un po’ come il nostro vecchio sistema retributivo quasi del tutto andato in soffitta.
I sindacati dei ferrovieri annunciano che la battaglia per le strade e le piazze della Francia non si arresterà fino a quando la proposta di riforma delle pensioni non verrà ritirata definitivamente.
Ennesima occasione persa
Se la riforma di Macron fosse passata, la Francia avrebbe mantenuto un sistema previdenziale solido e che sinora ha garantito ai suoi pensionati uno dei più bassi tassi di povertà al mondo. Ma rispetto ad oggi, sarebbe stato anche più sostenibile ed equo. Più sostenibile, perché abbassando la spesa previdenziale, gli attuali “privilegi” sarebbero stati mantenibili anche per i prossimi decenni, mentre l’assenza di una correzione in corsa rischia di creare letteralmente figli e figliastri, con le attuali generazioni degli over 60 a godere di benefici che saranno verosimilmente preclusi ai loro figli e nipoti. Più equo, perché i lavoratori sarebbero stati trattati tutti in egual modo, con i loro contributi versati ad avere lo stesso valore, indipendentemente dalla categoria di appartenenza.
No, i manifestanti non hanno difeso il welfare contro un maldestro tentativo di smantellarlo; anzi, hanno protestato per mantenere le iniquità attuali e allontanare ogni soluzione di giustizia intergenerazionale. I sondaggi assegnavano alla riforma una popolarità maggioritaria tra i francesi, ma tra questi è prevalsp contemporaneamente il sostegno alle manifestazioni di protesta in opposizione a Macron. Sarebbe la conferma che, purtroppo, in politica le misure diventano più o meno accettabili, a seconda di chi le vari.
La riforma delle pensioni di Macron si annuncia rovente, sindacati sul piede di guerra