La riforma delle pensioni si avvicina, ma le idee fattibili per il dopo quota 100 stentano a prendere forma. A fine anno scade il tanto discusso quanto benvenuto sistema di pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi.
In assenza di un intervento che prenda il posto di quota 100, il rischio è che si torni per tutti alle regole della Fornero. Cioè, in pensione di vecchiaia a 67 anni o con 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne un anno in meno) a prescindere dall’età.
L’Inps propone una nuova quota 100
Scartata la strada di quota 41 che costerebbe troppo, si parla adesso di una nuova quota 100. Un pensionamento anticipato al compimento dei 64 anni di età con almeno 36 di contributi. Ma a una condizione: la pensione deve essere liquidata solo ed esclusivamente col sistema di calcolo contributivo.
La proposta è stata formulata recentemente dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico prospettando anche un minore impatto di spesa sui conti dello Stato. Una opzione meno onerosa costando inizialmente 1,2 miliari e che toccherà un picco di 4,7 miliardi nel 2027. Una pensione anticipata, quindi, che ricalca strettamente il sistema adottato per opzione donna.
Pensione anticipata a 64 anni
A dire il vero, la pensione anticipata a 64 anni oggi già esiste. Non è nemmeno richiesto il requisito dei 36 anni di contributi versati, bastandone appena 20. Ma l’opzione è riservata ai lavoratori il cui accredito contributivo sia interamente successivo al 31 dicembre 1995.
Bisogna, poi, aver maturato un assegno di pensione pari almeno a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale. Cifra che per il 2021 ammonta ad almeno 1.288 euro mensili essendo il valore dell’assegno sociale pari a 460 euro.
Infine, ai fini del conteggio del requisito contributivo si fa riferimento solo alla contribuzione effettivamente versata con esclusione dei contributi figurativi. Ragionevole pensare che pochi riusciranno ad accedere a questi tipo di pensione.
Basterebbe quindi, aggiustare il tiro su questa opzione già esistente per concedere a ogni lavoratore, sia autonomo che dipendente, la possibilità di uscire 3 anni prima dal lavoro.