La riforma delle pensioni per essere sostenibile secondo i tecnici deve inevitabilmente prevedere delle penalizzazioni sull’assegno. Ecco quindi che le vie per riformare il sistema sono sostanzialmente due. La prima prevede l’obbligo di ricalcolo contributivo della prestazione. Perché notoriamente una pensione liquidata usando il calcolo contributivo è più bassa di una che utilizza il calcolo retributivo. La seconda si basa sul taglio di assegno per ogni anno di anticipo rispetto ad una età prefissata, che in genere coincide con l’età pensionabile vigente.
“Salve a tutti, sono Piera e volevo capire una cosa. Ho 60 anni di età ed ormai ho oltre 38 anni di contributi. Ho diritto ad andare in pensione con opzione donna, anche se non rientro nelle categorie previste per quest’anno. Avendo maturato già 58 anni di età e 35 anni di contributi a settembre del 2021, secondo la mia sindacalista potrei andare in pensione con la vecchia versione di opzione donna. A dire il vero mi suggerirono di andare in pensione già nel 2021, ma ho glissato perché impaurita dalla voci di pesanti tagli di pensione che avrei subito. Oggi mi sento stanca e quindi potrei scegliere la via del pensionamento. Mi dite cosa ci rimetto per davvero?”
Riforma delle pensioni secondo l’INPS: a sorpresa uscire a 58 anni presto sarà senza tagli di assegno
Per rispondere al quesito della nostra lettrice avremmo bisogno delle documentazioni inerenti la sua posizione contributiva. Non tanto per verificare se la signora ha diritto alla pensione, perché questo lo diamo per scontato visto che lei asserisce di si ed anche la sua sindacalista lo ha confermato.
Il calcolo retributivo è sempre meno incisivo per le nuove pensioni
Nel dettaglio va sottolineato che chi ha 18 o più anni di contributi versati prima del 1996, ha diritto al calcolo retributivo fino al 2012. Mentre chi ha meno di 18 anni di versamenti a tale data, ha diritto al calcolo retributivo solo fino al 31 dicembre 1995. La parte contributiva della pensione, come detto penalizzante, nel primo caso si applica ai periodi di lavoro successivi al 2012, mentre nel secondo caso si applica già a partire dai periodi che vanno dal 1° gennaio 1996 ad oggi. Evidente che nel primo caso il danno subito sarebbe maggiore, perché la quota retributiva della pensione è maggiore di quella contributiva. Nel secondo caso la penalizzazione riguarderebbe solo gli ultimi 12/13 anni di carriera.
Dal 23% all’8% e la pensione contributiva fa meno paura
Il taglio per chi sceglie il contributivo può arrivare anche a superare il 30% proprio in base alla carriera ed al periodo retributivo della carriera. Lo ha confermato anche l’INPS, pur se nel rapporto parla di pensioni contributive sempre meno penalizzate. Infatti l’INPS ha confermato che nel 2013 la media di penalizzazione di assegni per chi ha optato per il metodo contributivo era del 23%. Significa che un lavoratore che avrebbe avuto diritto a 1.000 euro di pensione con il sistema misto (in parte retributivo ed in parte contributivo), ha lasciato 230 euro di pensione scegliendo di farsi ricalcolare la pensione con il contributivo.
I nuovi calcoli da fare
In parole povere la nostra lettrice interrompendo la carriera con opzione donna, si vedrà in primo luogo calcolare la pensione con un coefficiente che a 60 anni è meno favorevole rispetto a 62, 63, 64 anni e così via. Oltretutto, se si ferma a 38 anni di contributi, deve considerare l’interruzione dei versamenti nel montante, che sarebbero continuati rimanendo in servizio. E naturalmente deve considerare la parte retributiva della sua prestazione, a cui deve rinunciare per aver optato per il sistema contributivo. Secondo il rapporto dell’INPS però, il taglio che subiscono i lavoratori, in media già nel 2022 è stato dell’8%. In pratica, secondo i dati dello studio dell’INPS, si va verso lo zero come penalizzazione. Tutto dipende dal fatto che man mano che passano gli anni, le quote retributive di pensione dei lavoratori, diminuiscono. Perché chi ha avuto carriere lunghe prima dell’ingresso del sistema contributivo con la riforma delle pensioni di Lamberto Dini, ormai è già in pensione. Sono pochi quelli che avrebbero diritto al calcolo retributivo lungo fino al 2012, come spiegato in precedenza.
Il governo ha paura di opzione donna alla vecchia maniera?
Questo fattore probabilmente è quello che ha spinto il governo lo scorso anno, a non estendere a tutte opzione donna come era funzionante prima. Fino al 2022 infatti opzione donna veniva concessa alle lavoratrici che maturavano entro il 31 dicembre 2021, 35 anni di contribuzione e 58 anni di età per le dipendenti e 59 anni di età per le autonome.