Il tema della riforma pensioni sta per entrare nel vivo. All’attenzione del governo c’è anche opzione donna. Rientra fra le questioni da affrontare per quella che sarà la terza grande riforma pensionistica italiana dopo quella del 1995 (Dini) e del 2011 (Fornero).
Principale argomento di dibattito della riforma pensioni riguarda i pensionamenti anticipati. Da quota 100 a opzione donna, lavori usuranti e Ape sociale. Sul primo punto, abbiamo visto che serpeggia molta speculazione informativa sui media al punto che la ministra Nunzia Catalfo è dovuta intervenire per dire che non c’è ancora nulla di definito.
Opzione donna sarà prorogata di un anno
Per quanto riguarda opzione donna, il governo pensa di prorogarla di un altro anno. Ma sarà l’ultimo: dal 2022 non ci sarà più. Anche questo sistema di pensionamento anticipato riservato esclusivamente alle donne lavoratrici andrà in soffitta, ma non è detto che non sarà riconsiderato nell’ambito del più ampio programma di riforma pensioni.
Come noto, tale opzione, introdotta in via sperimentale dal primo governo Conte, consente alle donne di scegliere di andare in pensione prima del tempo. Ma a condizione che optino per la liquidazione della pensione con le regole di calcolo del sistema contributivo. Riepiloghiamo, per chi non lo sapesse, come funziona l’opzione e i requisiti necessari.
Opzione donna: requisiti
Le lavoratrici che intendono usufruire del pensionamento anticipato devono aver maturato i requisiti necessari entro il 31 dicembre dell’anno in corso (in questo caso il 2020) e cioè, 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi. Soddisfatti tali requisiti, le donne possono decidere di andare in pensione in deroga agli ordinari requisiti normativi. Ma devono essere disposte a subire una decurtazione significativa dell’assegno pensionistico.
Opzione donna: anzianità
Per accedere a opzione donna è inoltre indispensabile, per le lavoratrici dipendenti, aver cessato l’attività lavorativa (per il comparto scuola la domanda di cessazione potrà essere avanzata entro il 29 febbraio dell’anno di competenza). La pensione verrà quindi erogata dopo 12 mesi dalla presentazione della domanda per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per quelle autonome. Un lunga attesa. Tale opzione potrà essere esercitata in qualsiasi momento successivo alla maturazione dei requisiti, quindi anche a distanza di mesi qualora la donna volesse proseguire con l’attività lavorativa.
Il sistema di calcolo della pensione
Per la liquidazione della pensione con opzione donna si fa riferimento solo al sistema di calcolo contributivo. Quindi, valgono solo i contributi versati dopo il 31 dicembre 1995. Quelli versati prima potranno essere considerati solo se calcolati con lo stesso sistema e non con retributivo. Il sistema misto non esiste per opzione donna. Più precisamente, qualora la lavoratrice non potesse farne falere contributi a sufficienza per il raggiungimento dei 35 anni necessari, dovrà chiedere all’Inps la migrazione dei contributi dal sistema di calcolo da retributivo a quello contributivo.
La legge in vigore prevede infatti che i contributi versati prima del 1996 siano validi per il sistema di calcolo retributivo e quindi non valgono per ottenere la pensione aderendo all’opzione donna. A meno che, appunto, non si opti per la migrazione. In termini pratici, questa operazione può comportare una decurtazione dell’assegno pensionistico anche del 25% rispetto al pensionamento di vecchiaia con sistema misto.
Vedi anche:
Pensioni: differenza di calcolo fra metodo retributivo, contributivo e misto
Come si calcola la pensione nel sistema misto