In pensione a 64 anni. Sembra questa la soluzione per consentire le pensioni anticipate a partire dal 2023. Un strada già lasciata intravedere con l’introduzione di quota 102 che prevede appunto per il 2022 la pensione a 64 anni.
Sindacati e governo stringono quindi su questo punto, anche se la pensione a 64 anni potrà essere concessa solo a fronte di una penalizzazione. Un taglio degli assegni commisurato agli anni di anticipo della pensione.
Riforma pensioni verso un punto di incontro
Fra le varie strade percorribili, è all’esame dei tecnici l’ipotesi avanzata da Michele Raitano, membro della commissione tecnica presso il Ministero del Lavoro.
Si tratta in sostanza di concedere la pensione anticipata fino a tre anni a fronte di una penalizzazione di circa il 3% dell’assegno per ogni anno di anticipo rispetto ai requisiti ordinari.
Il calcolo della pensione sarebbe penalizzato solo per la parte dei contributi versati e maturati nel sistema retributivo (ante 1996) per cui ne deriverebbe un taglio dell’assegno limitato rispetto al calcolo pieno previsto dal sistema misto.
Uscita a 64 anni già esiste
Del resto non si tratta di stravolgere granché l’ordinamento pensionistico. La legge già c’è, va solo modificata. La riforma pensioni Fornero, infatti, consente l’uscita dal lavoro per i contributivi puri al raggiungimento dell’età di 64 anni con almeno 20 anni di contributi. Ma l’assegno previsto non deve essere inferiore a 2,8 volte il trattamento minimo di pensione.
Non è cosa da poco, poiché tale soglia corrisponde a circa 1.310 euro al mese e pochissimi lavoratori vi possono accedere. Sicché basterebbe abbassare il valore da 2,8 a 1,5 (come previsto per i 67 enni), ad esempio, per allargare la platea dei beneficiari.
Tutto qui. Per il resto bisognerà lavorare sui tagli e trovare la misura giusta affinché la spesa pensionistica non vada a pesare sui conti dello Stato.