Esplosione dell’inflazione e crisi finanziaria globale stanno mettendo i bastoni fra le ruote alla riforma pensioni. Il governo Meloni, in un contesto di debito pubblico elevatissimo, ha le armi spuntate e tutto sembra tornato in ghiacciaia.
Così, in assenza di passi avanti verso Quota 41, tanto desiderata dalla Lega, l’unica cosa che sarà possibile fare è mantenere le cose come stanno. Trapelano indiscrezioni sulla possibilità di proroga di Quota 103 di un anno, giusto per mantenere ancora aperto un canale alle pensioni anticipate.
Riforma pensioni al palo e proroga di Quota 103
Nell’incertezza, Quota 103, cioè la pensione anticipata a 62 anni con 41 di contributi in scadenza a dicembre, potrebbe proseguire la sua corsa anche nel 2024. Anche perché da questa deroga pensionistica lo Stato sembra riuscire a trarre numerosi vantaggi economici. In primo luogo perché poche migliaia di lavoratori vi possono rientrare. E poi, perché c’è un tetto all’importo della pensione.
La legge che introduce da quest’anno Quota 103 prevede, infatti, una soglia limite dell’assegno fino 2.840 euro al mese (cinque volte il trattamento minimo). Cifra che al netto è di circa 2.000 euro al mese. Se si considera che tale limite è valido fino al raggiungimento dei requisiti per la vecchiaia a 67 anni, il vincolo può durare anche 5 anni.
E’ questa una delle ragioni che fa desistere i lavoratori a rinunciare a Quota 103 o, in alternativa, ad accettarla con sacrificio più o meno consistente. Dipende ovviamente dall’importo della pensione che salta fuori al momento della simulazione.
L’uscita anticipata a 62 anni è penalizzante
L’altro aspetto che non piace di Quota 103 è il divieto di cumulo coi redditi da lavoro. La legge prevede infatti che chi va in pensione anticipata non può più lavorare fino al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia. Così come recepito dalla circolare Inps n. 27 del 10 marzo 2023.
Vi sono però delle eccezioni.
La pensione anticipata con Quota 103, di qualsiasi importo, è quindi cumulabile con redditi da lavoro autonomo ma solo fino a 5.000 euro lordi all’anno. Sono in ogni caso esclusi i redditi da lavoro dipendente, sia full time che part time. In questo caso l’Inps sospende subito la pensione d’ufficio anche senza la dichiarazione del pensionato che inizia una nuova attività lavorativa.