Riforma pensioni: quota 41 ok e quota 103 confermata, perché è una beffa?

Ecco gli ultimi scenari ipotizzati per le nuove pensioni nel 2025, quota 41 e quota 103 insieme, ma davvero serve una soluzione così?
4 settimane fa
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Le ultime voci e indiscrezioni che circolano sul dossier pensioni sono davvero particolari. Si parla di nuove misure in arrivo e della conferma di alcune vecchie. Si prevede che la riforma delle pensioni includa la quota 41 per tutti. Inoltre, nel pacchetto pensioni della legge di Bilancio è prevista la conferma della quota 103.

Questa misura sembrava destinata a essere abbandonata alla sua scadenza del 31 dicembre 2024, e invece, non solo non verrà eliminata, ma non ci sarà nemmeno la quota 104, che si pensava avrebbe portato l’età pensionabile da 62 a 63 anni.

Ma cosa cambia in concreto? Secondo noi, molto poco. La riforma delle pensioni rischia di essere una beffa.

Riforma pensioni: quota 41 ok e quota 103 confermata. Perché è una beffa?

Per capire perché parlare di “beffa” non è esagerato in riferimento alla direzione che sta prendendo la riforma delle pensioni, è necessario analizzare come funzionano queste due misure citate all’inizio. La quota 103, che doveva terminare alla fine dell’anno, sembra destinata a essere prolungata, almeno secondo le ultime ipotesi. Quindi, si potrà ancora andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi, con una pensione calcolata secondo il sistema contributivo.

Inoltre, l’importo della pensione non potrà superare quattro volte il trattamento minimo INPS, che nel 2025 sarà sicuramente superiore ai 600 euro al mese, considerando che attualmente il trattamento minimo INPS è di 598,61 euro al mese. Se la misura venisse confermata, queste sarebbero le condizioni di accesso.

Quota 41 e quota 103 insieme: ecco cosa significa

Con la “quota 41 per tutti”, si potrebbe andare in pensione con 41 anni di contributi senza alcun limite di età, ma con il calcolo contributivo della prestazione. È probabile che non venga introdotta una quota 41 libera da vincoli e tagli all’assegno, come inizialmente si pensava. La “quota 41 per tutti” sarà accompagnata da un calcolo dell’assegno che penalizzerà chi sceglierà questa forma di pensionamento anticipato.

Ma davvero questa sarà la tanto attesa nuova riforma?

Alla luce di quanto detto, poco o nulla sembra destinato a cambiare per quanto riguarda la pensione anticipata con queste due misure basate sulle quote. È facile capire che l’introduzione della “quota 41 per tutti”, insieme alla conferma della quota 103, rappresenterebbe solo una piccola e forse impercettibile estensione della platea di chi può beneficiare della misura già in vigore (quota 103).

Attualmente, per accedere alla pensione con 41 anni di contributi, è necessario avere almeno 62 anni di età. Con l’introduzione della “quota 41 per tutti”, potrebbe essere possibile andare in pensione anche a 60 o 61 anni.

Questo, tuttavia, non è possibile con la quota 103, che richiede di aver compiuto 62 anni. Per poter andare in pensione prima dei 62 anni, il che giustificherebbe l’introduzione della nuova misura (dato che a 62 anni sarebbe sufficiente la quota 103, rendendo la quota 41 praticamente inutile), è necessario avere una carriera lunga e ininterrotta, iniziata prima dei 18 anni. Una carriera iniziata a 17 anni con 41 anni di contributi continuativi porta al pensionamento a 58 anni.

Allo stesso modo, una carriera iniziata a 18 anni permette di andare in pensione a 59 anni, avendo accumulato 41 anni di contributi. Sono questi i lavoratori che troverebbero vantaggio dalla “quota 41 per tutti”, e nessun altro. Probabilmente, questo è troppo poco. Parlare di beffa è quindi comprensibile.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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