Il confronto tra Governo e Sindacati sulla riforma pensioni ha subito una battuta d’arresto nelle ultime settimana anche a causa dello scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina. L’intenzione delle parti, ovviamente è quella di risedersi quanto prima al tavolo e discutere.
Con Quota 102 transitoria (vale solo per il 2022) e con Ape social e Opzione donna che non sono ancora strutturali nel nostro sistema pensionistico, un punto è certo: la riforma deve incentrarsi sul requisito anagrafico per l’uscita dal mondo del lavoro.
Di quanto appena detto, Quota 102 ne è la prova. Il sistema pensionistico, pensato dal legislatore dopo fine di Quota 100, ha permesso di evitare lo scalone per il ritorna alla Fornero. Quota 100, infatti, in essere fino al 31 dicembre 2021, ha permesso un pensionamento anticipato a chi entro la citata data avesse maturato
- 38 anni di contributi
- e 62 anni di età.
Riforma pensioni, perché puntare sull’età
Dal 1° gennaio 2022, senza proroga di questo sistema, il rischio era il ritorno alla Fornero. Ciò avrebbe significato un innalzamento dell’età pensionabile di ben 5 anni (quindi, da 62 anni a 67 anni).
La Quota 102, invece, lo ha evitato, permettendo la pensione anticipata per chi, nel 2022, maturi 38 anni di contributi e 64 anni di età. Dunque, fermo il requisito contributivo di Quota 100 è modificato (di due anni in più quello anagrafico).
L’età, dunque, al centro di tutto. Garantire un’uscita dal mondo del lavoro in un’età accettabile per godersi i restanti anni di vita senza, tuttavia, tralasciare la consistenza dell’assegno pensionistico mensile. Insomma, trovare un giusto compromesso tra i due requisiti.
Anche se, ciò che emerge è che l’esecutivo non intenda abbandonare proprio il sistema di calcolo contributivo, ossia quello più penalizzante per il calcolo.
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