Ma quanto costa la pensione? Se si analizza il suo peso sui contribuenti, il rischio di gravare in qualche modo sulle spese ordinarie esiste, specie nel momento in cui le rivalutazioni sugli assegni non fossero quelle attese.
Questo per dire che, in qualche modo, il riflesso del sistema previdenziale coinvolge tutti i piani del tessuto sociale, da quello politico a quello strettamente legato ai cittadini. Anche perché, nel nostro Paese, il peso specifico delle pensioni è decisamente elevato, addirittura più incidente, in termini di spesa, rispetto a quello relativo ai salari.
Secondo il ricercatore Istat Franco Mostacci, che ne ha parlato su lavoce.info, un’unica pensione lavorativa sarebbe l’ideale per conciliare le varie esigenze. In primo luogo perché la categoria dei lavoratori a sistema misto (contributivo e retributivo) è destinata a esaurirsi in un tempo nemmeno troppo lungo. Nondimeno, per garantire l’equità del montante contributivo, includendo delle pensioni integrative per coloro che hanno maturato versamenti prima del 1996, ossia con il sistema retributivo. Un sistema che andrebbe a sgravare le casse pubbliche dalla necessità di adeguare i trattamenti alle diverse forme d’anticipo, tenendo conto unicamente dei ratei maturati.
L’assegno “lavorativo”: come si fa ad andare in pensione “quando si vuole”
Se davvero il piano funzionasse, il pensionando potrebbe teoricamente decidere da per sé quando andare in pensione.
Una logica diversa da quella prevista dal sistema retributivo, per il quale la combinazione tra età anagrafica e contributi versati, con sguardo sull’anzianità di contribuzione. Di contro, non sempre il meccanismo contributivo è sufficiente a garantire i propri principi, ossia quelli di un’equità tra assegno percepito e stime di spesa. Qualche anno fa, lo stesso ricercatore aveva avanzato la proposta della pensione scaglionata, che andasse a separare l’assegno ottenuto con il sistema retributivo da quello maturato con il contributivo.
L’ipotesi dei contributi “restituiti”
L’ultima idea è più semplice. Interrompere l’attività lavorativa nel momento in cui lo si ritiene necessario, richiedendo allo Stato semplicemente di incassare quanto versato, così da utilizzare di fatto i propri soldi maturati nel corso degli anni di contribuzione. Una sorta di bacino previdenziale al quale attingere, secondo una logica variabile basata praticamente sul buon senso, per ottenere l’assegno pensionistico prima che l’aspettativa di vita vada ad assottigliarsi per ragioni anagrafiche. Un sistema che, teoricamente, sgraverebbe le casse statali da una spesa, restituendo unicamente quanto ricevuto negli anni. Il punto è che un sistema simile potrebbe andar bene per i lavoratori di lungo corso ma difficilmente un giovane riuscirebbe a raggiungere un catino contributivo tale da garantirsi una pensione dignitosa. Tanto per ricordare che il problema è ancora più a monte.
Riassumendo…
- Nell’ambito dei discorsi sulla riforma delle pensioni, il ricercatore Istat Franco Mostacci avanza la proposta di una pensione lavorativa, basata sull’accesso al trattamento previdenziale chiedendo indietro i contributi versati;
- il sistema lavorativo è però più complesso: difficilmente un giovane lavoratore riuscirebbe a garantirsi un assegno equo.