I buoni fruttiferi postali sono prodotti sicuri per investire il proprio denaro perché garantiti dallo Stato Italiano e facili da sottoscrivere. Questo perché è possibile scegliere tra la forma cartacea classica e quella più moderna dematerializzata. Tale operazione può avvenire sia negli uffici postali che online o con app BancoPosta.
Negli ultimi anni, però, sta accadendo che Poste Italiane riconosca degli importi più bassi rispetto ai rendimenti riportati dietro al titolo. Ecco l’ultima vicenda in merito a tale questione.
Rimborso buono postale serie Q/P: in Sardegna oltre 23 mila euro
Un risparmiatore di Nuoro in Sardegna era intestatario di 1 buono fruttifero postale della serie Q/P emesso nel 1988.
Questo a seguito di una modifica avvenuta con Decreto Ministeriale nel giugno 1986 che oltre a cambiare i rendimenti, modificava anche la serie dei titoli con dei timbri. Tutto questo avveniva prima della sottoscrizione del buono oggetto del ricorso.
La decisione del Collegio di Palermo sul bfp in oggetto
Il risparmiatore avvalendosi dell’ausilio dall‘Avvocato braidese Alberto Rizzo, specializzato in diritto bancario e postale, ha deciso di presentare ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario. La decisione è stata presa dal Collegio di Palermo che ha stabilito la prevalenza di quanto riportato dietro al titolo rispetto alle modifiche apportate con Decreto Ministeriale.
Poste Italiane, infatti, aveva inserito soltanto un timbro che modificava i rendimenti dal 1° al 20° anno senza comunicare nulla di quelli da corrispondere dal ventunesimo al trentesimo anno. Il Collegio di Palermo ha quindi condannato l’intermediario ovvero Poste a rimborsare al risparmiatore gli importi riportati dietro alla tabella pari ad oltre 50 mila euro e non i 28 mila riconosciuti. Quindi circa 23 mila euro in più rispetto a quanto già pagato.
Per l’avvocato Alberto Rizzo questa è una decisione molto importante in quanto interessa a tanti risparmiatori che in questi anni hanno ottenuto cifre più basse rispetto ai rendimenti previsti dai buoni fruttiferi postali. Per questo l’avvocato invita chi ha titoli emessi dopo giugno 1986 a farli controllare per capire se c’è la possibilità di ricevere degli importi più alti rispetto a quelli determinati da Poste Italiane. Ciò lo si potrà fare anche se il buono è scaduto purché non siano trascorsi dieci anni dalla data di scadenza di esso.
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