La possibilità di uscita anticipata dal mondo del lavoro con Quota 103 sta per compiere un anno dalla sua introduzione. Questa forma di pensionamento, infatti, è stata prevista con la legge di bilancio 2023 dopo la fine di Quota 102.
Entrambe sono rimedi trovati dal legislatore per tamponare l’attesa della riforma pensione e per scongiurare il ritorno alla Fornero. Resta fermo che si tratta di opzioni e non di obbligo. Nel senso che chi matura i requisiti per andarsene in pensione in anticipo, può scegliere di continuare ancora a lavorare e non sfruttare la chance.
E proprio su Quota 103, a differenza di 102, si è pensato anche ad un incentivo per indurre il lavoratore a rimandare il pensionamento. Parliamo del c.d. bonus Maroni. In sostanza, una busta paga più alta per chi decide di restare.
Ma a quanto ammonta tale retribuzione aggiuntiva? E quali sono gli effetti sul futuro?
Le tre quote sono diritti cristallizzati
Negli ultimi anni, in tema di pensionamento anticipato, il legislatore ha ragionato con le Quote. Dapprima Quota 100, poi Quota 102 e infine Quota 103.
Con Quota 101, prevista per il triennio 2019 – 2021, si permette la pensione anticipata a chi, entro il 31 dicembre 2021, abbia maturato 62 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi. Finita Quota 100, è entrata in campo la 102, ossia possibilità di uscita con 38 anni di contributi e 64 anni di età entro il 31 dicembre 2022.
Prevista per il solo anno 2022, a Quota 102 è subentrata, nel 2023, la Quota 103. In tal caso, si può andare in pensione maturando, entro il 31 dicembre 2023, 41 anni di contributi e 62 anni di età. La cosa dovrebbe trovare proroga anche per il 2024 nella manovra (che si trova in fase di approvazione definitiva in Parlamento).
È opportuno evidenziare che sia Quota 100, sia 102 che 103 sono diritti cristallizzati. Questo significa che nonostante si maturano i requisiti, il lavoratore può decidere di continuare nel mondo del lavoro, fermo restando la possibilità di andarsene negli anni a seguire sfruttando il diritto alla pensione anticipata già maturato in precedenza con una delle citate quote.
Quota 103, retribuzione aggiuntiva per chi resta
Come anticipato, con Quota 103 c’è l’incentivo a restare. Si tratta del bonus Maroni. In estrema sintesi, il lavoratore che resta e opta per l’applicazione di questo incentivo, NON vedrà trattenersi in busta paga la quota contributiva (previdenziale) a proprio carico. Tale quota non sarà, dunque, versata dal datore di lavoro all’INPS ma sarà riconosciuta al lavoratore stesso. Ciò significa uno stipendio più alto di 9,19% a cui si aggiunge anche l’eventuale contributo aggiuntivo IVS (1%).
Non è un costo per il datore di lavoro, il quale deve limitarsi semplicemente a non trattenere e versare all’INPS ma a lasciare l’importo sullo stipendio.
Ricordiamo che l’INPS ha già fornito chiarimenti sul bonus Maroni in Quota 103 nella busta paga e ha anche parlato degli effetti sulla futura pensione. Scegliere di restare optando per questo incentivo significherà anche minor montante contributivo per il lavoratore e, dunque, un assegno pensionistico più basso. È bene anche sottolineare che il bonus Maroni non è un obbligo ma una scelta. Ne consegue che il lavoratore potrebbe anche decidere, nonostante i requisiti per Quota 103, di restare senza scegliere di farsi applicare il bonus.
Riassumendo…
- il bonus Maroni è un incentivo a non andare in pensione anticipata con Quota 103 (41 anni di contributi e 62 anni di età)
- si concretizza nel fatto che in busta paga il lavoratore non avrà la trattenuta dei contributi previdenziali a suo carico (9,19% a cui si aggiunge anche l’eventuale contributo aggiuntivo IVS di un punto percentuale)
- non è un obbligo ma una scelta (istruzioni INPS bonus Maroni).