La sperimentazione di quota 100 sta per concludersi dopo il triennio previsto, a causa del mancato rinnovo del governo. Ma sulle pensioni tengono banche le diverse proposte di partiti ed esperti per giungere a un sistema previdenziale più equo e al contempo solido. Una di queste riguarda il possibile riscatto gratuito della laurea ai fini pensionistici. Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, figura tra i sostenitori, pur avendo avvertito che essa costerebbe ogni anno allo stato italiano tra i 4 e i 5 miliardi di euro all’anno.
Gli anni della laurea possono essere riscattati dal lavoratore (o anche da chi non lavora) versando all’ente l’aliquota del 32,7% sull’ultima retribuzione percepita e moltiplicata per il numero dei mesi di durata legale del corso di studi. Il costo è generalmente molto elevato e tende a crescere negli anni, dato che con l’aumentare del periodo di anzianità di servizio la retribuzione del lavoratore sale e, di conseguenza, anche la base imponibile per il calcolo dei contributi da versare.
Riscatto laurea, quando conviene
Dal 2019 è possibile usufruire del riscatto della laurea agevolato. Esso consente ai beneficiari di versare i contributi per un importo pari a 5.200 euro per ogni anno di studio. Il reddito a cui si fa riferimento con la misura è quello minimo soggetto all’imposizione della Gestione INPS artigiani e commercianti. E il riscatto gratuito? Il beneficiario non pagherebbe alcunché per gli anni di studio. Chiaramente, l’INPS ci rimetterebbe, in quanto dovrebbe pagare al futuro pensionato un assegno in anticipo rispetto all’età pensionabile ufficiale.
E qui veniamo al nocciolo della questione. Il riscatto della laurea ha senso per due ragioni: consente al lavoratore di allungare gli anni di contribuzione utili per accedere a una qualche forma di pensionamento anticipato; aumenta il montante contributivo, rendendo l’assegno più pesante. Perché rendere il riscatto della laurea gratis? I sostenitori della proposta ritengono che così si darebbe una mano ai giovani di oggi, i quali posseggono periodi di contribuzione frammentati e difficilmente potranno in futuro uscire dal lavoro con qualche anno di anticipo.
Tuttavia, da questo punto di vista la misura avrebbe scarso significato: non sono gli anni della laurea a mancare ai futuri pensionati per uscire dal lavoro anticipatamente. Tra part-time, contratti atipici, stagionali e a tempo determinato, il problema è molto più grave. Per non parlare delle basse retribuzioni percepite, frutto spesso anch’esse di cambi frequenti di posto di lavoro con annessa scarsa anzianità di servizio. Il riscatto della laurea gratuito sarebbe un po’ una presa in giro. A meno che lo stato non pensasse – ed ecco forse l’allarme sui costi di Tridico – di coprire gli anni di studio anche sul piano contributivo, cioè imponendo all’INPS di considerarli come se fossero lavorativi e con tanto di contributi versati secondo un qualche calcolo forfetario.
I rischi di iniquità tra i lavoratori
Da un lato, sarebbe il riconoscimento dei sacrifici compiuti da chi ha studiato, dall’altro la misura risulterebbe iniqua e regressiva. Iniqua, perché chi avesse già pagato per riscattare la laurea, eventualmente anche grazie all’agevolazione, si ritroverebbe irrimediabilmente fregato. Inoltre, siamo sicuri che siano i laureati le vere vittime del mercato del lavoro. I dati statistici ci raccontano una realtà diversa: le loro retribuzioni risulterebbero più alte della media italiana, pur basse nel confronto internazionale, e le probabilità di trovare lavoro con la laurea nettamente maggiori.
La questione dovrà essere risolta possibilmente entro fine anno. Infatti, il riscatto agevolato sarà possibile anche dopo il 2021, ma solamente fino al 31 dicembre esso sarà considerato valido per coprire eventuali “buchi” previdenziali, cioè per andare eventualmente in pensione prima grazie al riconoscimento dei contributi figurativi.