Riscatto laurea o fondo pensione? Sembra questo il dubbio che accomuna oggi molti lavoratori in possesso del rinomato titolo di studio e alle prese con i calcoli sulla futura pensione.
Ebbene, non esiste una regola assoluta che faccia propendere per il riscatto laurea piuttosto che per il fondo pensione. Dipende da alcune variabili sostanzialmente legate ai rendimenti della pensione e ai vantaggi temporali per l’uscita dal lavoro.
Riscatto laurea conviene o no?
Il riscatto laurea è oneroso, si sa, ma consente di coprire quel periodo assicurativo rimasto vuoto durante gli anni di studio all’università.
Con l’innalzamento dell’età pensionabile e il collocamento del periodo di riscatto laurea nel sistema contributivo (post 1995), oggi i costi non compensano appieno i benefici. Gli anni di contributi riscattati consentono, sì di raggiungere il requisito contributivo necessario per andare in pensione prima, ma non consentono al lavoratore di ottenere una pensione più pesante rispetto agli anni passati.
E’ così che il legislatore, per addolcire la pillola dei costi di riscatto laurea ha introdotto dal 2019 il cosi detto riscatto laurea agevolato, al costo fisso di 5.265 euro per ogni 12 mesi. Un incentivo che ha vivacizzato l’interesse dei contribuenti a riscattare gli anni di studio.
I fondi pensione
A conti fatti, però, la domanda che ci si pone è: conviene il riscatto laurea o, in alternativa, la sottoscrizione di un fondo pensione? Posto che in entrambi i casi il contribuente ha diritto a deduzione Irpef fino a 5.164 euro all’anno per i costi sostenuti, per rispondere alla domanda bisogna guardare i rendimenti.
Il sistema previdenziale oggi non offre rendimenti soddisfacenti, mentre quello pensionistico privato sì.
Tant’è che i fondi pensione negoziali lo scorso anno hanno reso mediamente più dei titoli di Stato. Anche le sottoscrizioni sono cresciute attestandosi a oltre 486 mila unità, contro i 53 mila contribuenti che hanno scelto il riscatto laurea.
C’è anche chi ha fatto entrambe le cose per assicurarsi una contribuzione piena per l’uscita dal lavoro e una pensione integrativa per il domani. Ma, ovviamente, questo vale per chi ha ampie disponibilità economiche per poterlo fare.