Rischio Grecia più basso di quello Italia, così il mercato è finito per premiare Atene

Rendimenti in Grecia più bassi di quelli italiani. Solo sul tratto a breve termine i BTp conservano il vantaggio. Ecco le ragioni di questo superamento.
5 anni fa
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Il Partenone batte il Colosseo. Possiamo sintetizzare con questa immagine il superamento della Grecia ai danni dell’Italia sui mercati obbligazionari sovrani. I rendimenti ellenici si mostrano ormai più bassi di quelli offerti dai BTp lungo quasi tutta la curva delle scadenze, con l’unica eccezione del tratto breve. Di fatto, se l’Italia ancora esita rendimenti negativi fino ai 12 mesi, non lo stesso si può dire di Atene. Per il resto, il confronto è diventato imbarazzante per noi. Sui 5 anni, siamo allo 0,46% contro lo 0,82%; sul decennale abbiamo l’1,30% contro l’1,41%; salendo ai 15 anni troviamo l’1,33% contro l’1,85%, mentre sul tratto ventennale ci ritroviamo con l’1,46% da una parte e il 2,05% dall’altra.

Infine, il bond più longevo della Grecia è a 25 anni, in scadenza nel 2042 e che offriva ieri un rendimento dell’1,60%. Su quel tratto, l’Italia rende poco meno del 2%.

La Grecia ha raccolto 3 miliardi con il nuovo bond a 10 anni, domanda molto forte

Il mercato sta prezzando un rischio sovrano relativamente basso per entrambi i paesi rispetto ai mesi/anni passati, pur straordinariamente elevato nel confronto con i partner dell’Eurozona, ma tra i due è l’Italia ad essere temuta di più. Lo dicono i “credit default swaps”, i titoli che assicurano contro un evento creditizio avverso e in base ai quali vi sarebbe un rischio Italia del 2,80% entro i prossimi 5 anni, superiore al 2,49% del rischio Grecia nel periodo considerato. E così, il costo di un cds ellenico ieri era di 149 punti base, quasi una ventina in meno dei 168 occorrenti per mettersi al sicuro sui BTp.

Sembra un paradosso che il paese più sconquassato dalla crisi del debito sovrano nell’ultimo decennio esibisca una performance migliore dell’Italia, che in default non ci è mai andata nella sua storia, né ha mai imposto alcuna ristrutturazione dei suoi titoli di stato.

Diverse le cause di questa apparente incongruenza. Per prima cosa, oltre l’80% del debito pubblico della Grecia è in mano ai governi dell’Eurozona, tramite i cospicui prestiti erogati dal 2010 e fino al 2015. Inoltre, avendo già i creditori privati accusato ingenti perdite con la ristrutturazione del 2012, il mercato non si aspetta più che Atene eventualmente si rivolga di nuovo agli obbligazionisti nel caso di difficoltà.

Prospettive diverse tra Italia e Grecia

E degli 86 miliardi versati dalla UE nel 2015, la Grecia ne spese solo una parte. Il resto è stato accantonato per esigenze future. Inoltre, dal 2018 il Tesoro di Atene è tornato ad emettere titoli del debito a medio-lungo termine, incrementando la liquidità disponibile, che adesso si attesterebbe sui 36 miliardi, circa 20 punti di pil. Per intenderci, sarebbe come se l’Italia avesse da parte almeno 350 miliardi e da qui al medio termine quasi non avesse alcun BTp in scadenza da rimborsare. In altre parole, il governo greco non ha alcuna impellenza finanziaria da fronteggiare, a differenza di quello italiano.

Da marzo, i titoli di stato ellenici sono stati inseriti nel portafoglio di acquisto della BCE con il PEPP, malgrado non abbiano rating “investment grade”. Questo fatto ha dato loro quell’ulteriore spinta che mancava per il sorpasso nei confronti dei BTp. E qui, rilevano anche le prospettive a medio termine: mentre per la Grecia ci si aspetta, al netto delle conseguenze della crisi in corso, un miglioramento dei rating, cioè upgrade multipli da parte delle agenzie internazionali, per l’Italia si teme una caduta nell’area “junk” o “spazzatura”. Diversi fondi si tengono alla larga dei BTp, temendo di dover correre a venderli nel caso in cui accadesse il peggio.

L’emergenza Coronavirus riporta il debito della Grecia a rischio?

Infine, il dato politico. Atene è retta da quasi un anno da un governo conservatore guidato dal premier Kyriakos Mitsotakis, europeista pro-riforme, il quale punta a rilanciare l’economia domestica con un programma liberale impostato sul taglio delle tasse, il freno alla spesa pubblica, liberalizzazioni e privatizzazioni.

A Roma regna il caos, con una coalizione eterogenea al comando e senza un progetto chiaro sul da farsi dopo l’emergenza Coronavirus. Difficile immaginare che il governo Conte duri, ma anche capire cosa accadrà dopo di esso.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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