I dati del Centro Studi di Unimpresa, elaborati sulle cifre pubblicate dalla Corte dei Conti, ci consegnano l’immagine di un’amministrazione pubblica italiana al collasso. La riscossione delle tasse, così come delle multe, è praticamente impossibile. Dal 2000 al 2020, in media gli esattori del Fisco sono stati in grado di incassare appena il 13% del carico tributario. In cifre, hanno lasciato per strada quasi 930 miliardi di euro, qualcosa come oltre la metà del PIL attuale.
Le cifre parlano chiaro. La riscossione delle tasse rispetto all’evaso accertato era del 28% a inizio Millennio.
Riscossione delle tasse, arriva la riforma
Una situazione imbarazzante, dato che segna la sconfitta dell’amministrazione pubblica italiana. Da un lato, lo stato pretende il pagamento di tasse molto alte dai contribuenti. Dall’altro, non riesce a riscuoterle nel caso in cui questi evadono. Le cartelle esattoriali ancora in “magazzino”, dopo i vari saldi e stralcio, sono 160 milioni e fanno capo a 18 milioni di contribuenti. Di queste, l’80% si riferisce al periodo 2000-2015.
Bisogna chiedersi cosa abbia determinato il costante incasso dell’evasione accertata, se l’accumulo delle cartelle esattoriali abbia reso sempre più impossibile la riscossione o se vi abbiano influito scelte di natura politica. Sta di certo che uno stato con metà PIL non riscosso è fallito. Non ha credibilità agli occhi dei contribuenti e degli stessi mercati. Chiede soldi agli investitori per piazzare loro debito di cui non vi sarebbe bisogno. Fa compiere sacrifici ai propri cittadini, quando servirebbe semplicemente gestire meglio la cosa pubblica anche in fase di riscossione delle tasse evase.
Ad ogni modo, la riforma della riscossione è allo studio del ministro dell’Economia, Daniele Franco.