Il “congelamento” delle riserve valutarie russe in Occidente ha creato un precedente nel panorama internazionale e che sta facendo discutere. Ad essere sinceri, non è stato un fatto inedito. Basti pensare che lo stesso Afghanistan non è più in grado di commerciare con l’estero dopo che i talebani sono tornati al potere nell’agosto scorso. Gli USA hanno, infatti, “congelato” circa 9 miliardi di dollari delle sue riserve, praticamente lasciandolo senza liquidità in valuta estera. Lo stesso Venezuela sta trovando impossibile tornare in possesso dell’oro custodito presso la Banca d’Inghilterra, dopo che il Regno Unito ha smesso di riconoscere nel 2019 il regime “chavista” di Nicolas Maduro, così come gli USA e una cinquantina di altri stati.
E’ innegabile, però, che finora non siano mai state toccate banche centrali di così rilevanti dimensioni. La Banca di Russia deteneva poco prima dell’invasione dell’Ucraina riserve valutarie stimate in 643 miliardi di dollari, oro incluso. Circa il 40% di esse si trovava depositato in istituti occidentali e, pertanto, risulta adesso indisponibile. Secondo il global head of Forex EM di Morgan Stanley, James Lord, quanto accaduto avrà conseguenze drammatiche sul sistema finanziario mondiale.
Le conseguenze delle sanzioni alla Russia
Il manager non crede che il dominio del dollaro nel prossimo futuro sia a rischio; ciononostante, ritiene che lo yuan della Cina possa salire al 5-10% delle riserve mondiali entro il 2030. E, soprattutto, spiega che d’ora in avanti sarà messa in dubbio la stessa sicurezza degli asset detenuti dalle banche centrali. Dal suo ragionamento, scaturiscono tre considerazioni principali:
- Quali sono i “safe asset”: il mercato inizia a chiedersi se tutti gli asset cosiddetti “sicuri” siano realmente tali. Tuttavia, nessuno metterebbe in dubbio i titoli del debito americani, anche perché gli USA hanno concertato il “congelamento” delle riserve valutarie russe con i partner occidentali, Europa inclusa;
- Alleanze politiche decisive: poiché uno stato straniero può impedirmi di accedere agli asset detenuti presso sue istituzioni finanziarie, sarà dirimente per gli investitori capire quali siano le alleanze geopolitiche tra i governi e quali aree del pianeta possano comportare il sostenimento di un rischio;
- Differenza tra asset onshore e offshore: finora è stato considerato equivalente custodire i propri asset in istituti domestici piuttosto che soggetti a legislazione straniera. Ma sappiamo che non è più così. Dunque, le banche centrali, ma anche gli investitori privati, inizieranno verosimilmente a custodire i propri asset in sistemi considerati non a rischio sotto il profilo dell’accessibilità nel caso di tensioni geopolitiche e tendenzialmente entro i confini nazionali.
L’Occidente rischia la fuga dei capitali
Con le sanzioni alla Russia di fine febbraio – il famoso terzo pacchetto – l’Occidente si è probabilmente spinto oltre.
Gran parte del pianeta non è allineato dal punto di vista geopolitico. Il Sud America, fino ai primi anni Duemila considerato il cortile di casa degli USA, è stato penetrato economicamente e politicamente da Cina e Russia. Pensate solamente al Venezuela e all’Argentina. E l’India, che avevamo considerato un alleato stabile dell’Occidente, sta stringendo accordi commerciali con la Russia e non ha condannato l’invasione dell’Ucraina astenendosi alla votazione dell’ONU.