In meno di quattro anni, la capitalizzazione in borsa di Unicredit è passata da circa 12,50 a 60 miliardi di euro. Valeva il 40% di Intesa Sanpaolo, mentre oggi l’ha quasi raggiunta a Piazza Affari. Ci sono stati certamente i tassi di interesse in crescita ad avere aiutato un po’ tutte le banche europee a fare utili e guadagnare valore in borsa. Tuttavia, i dati parlano chiaro: sotto la guida di Andrea Orcel, le azioni Unicredit sono esplose di oltre il 370% contro una media italiana del 160%.
Risiko bancario, numeri
Il dubbio che viene guardando ai numeri è che l’offerta di Unicredit per rilevare Banco BPM dia vita a un’eccessiva concentrazione sul mercato domestico. Il gruppo già detiene una quota superiore al 10% dei depositi bancari e degli stessi prestiti erogati sul territorio nazionale. Sommandovi i dati di Banco BPM, arriverebbe in entrambi i casi al 16-17%. Tenute in considerazione anche le quote di mercato del principale gruppo bancario, Intesa Sanpaolo, arriveremmo ad oltre il 35%. Includendo eventualmente MPS, la situazione che sarebbe che i primi due gruppi in Italia deterrebbero intorno al 40% del mercato.
Rischi da concentrazione di mercato
Dunque, il risiko bancario a chi giova? Quanto accaduto negli ultimi trenta anni può portare a una bocciatura dell’operazione Unicredit-Banco BPM. Man mano che le piccole banche legate ai territori sono state assorbite da banche più grandi, i prestiti all’economia reale (imprese e famiglie) si sono ridotti. E questo è accaduto particolarmente al Sud, un’area rimasta senza una propria banca. La perdita di legame con i territori è stata un fattore senza dubbio negativo per il tessuto imprenditoriale, trovatosi a corto di liquidità per finanziare i propri investimenti.
Verrebbe da dire, quindi, che il risiko bancario non faccia bene al sistema Italia.
Tante piccole banche europee
In Europa ci sono tante banche, grandi nei contesti nazionali, ma marginali sul piano internazionale. In Germania la principale banca è Deutsche Bank, che in borsa vale la metà di Unicredit. La francese BNP Paribas capitalizza quanto Intesa Sanpaolo. Insomma, abbiamo tante realtà apparentemente giganti in patria, ma relativamente piccole quando si confrontano nel panorama mondiale. La necessità che aumentino le dimensioni medie è stata più volte reclamata dalla Banca Centrale Europea, non a caso favorevole alla scalata di Commerzbank da parte di Unicredit. Lo stesso Mario Draghi lo ha esplicitamente affermato nei giorni passati.
Qual è il rischio? Che si muovano per tempo le banche francesi, olandesi, ecc., per aggregarsi e fare shopping nel Bel Paese. I nostri 1.800 miliardi di euro di risparmi depositati in banca fanno tanta gola all’estero, anche perché risultano investiti solo in parte. I prestiti al settore privato ammontano a circa 1.400 miliardi. Già le banche italiane prestano meno denaro di quanto ne servirebbe per sostenere gli investimenti e i consumi di beni durevoli. Immaginate cosa accadrebbe se queste divenissero di proprietà straniera: i banchieri porterebbero i denari là dove conoscono meglio il tessuto produttivo per impiegarli.
Banche italiane da prede a predatrici
Con il risiko bancario avviato da Orcel stiamo avendo l’opportunità di ribaltare le parti in commedia.
Dobbiamo fare attenzione a non identificare le banche con gli interessi delle nazioni in cui hanno sede. Unicredit non ha e né può avere come obiettivo di sostenere l’economia italiana. La sua mission è produrre utili in favore degli azionisti. Se ciò coincidesse con l’interesse nazionale, ancora meglio per noi. In pratica, la banca presta denaro a coloro che possano restituirlo e facendolo rendere il più possibile. Le piccole dimensioni medie delle imprese italiane allontanano gli istituti di credito. Fatevi una domanda: prestereste i soldi a un colosso come Eni o alla minuscola azienda di Mario Rossi con 3 dipendenti e un fatturato di 100 mila euro all’anno?
Risiko bancario opportunità per l’Italia
Questo è per dire che il risiko bancario in sé rappresenta una grossa opportunità per rafforzare la nostra struttura bancario-assicurativa, sebbene non basti per affermare con certezza che si tradurrà in un beneficio per l’economia italiana. Ma perlomeno avremmo un lato del mercato nelle condizioni di fare la propria parte. Spetterebbe, poi, all’altra mostrarsi capace di utilizzare al meglio la fiducia richiesta. Orcel non sta lottando per rilanciare le sorti della nostra industria, ma le conseguenze delle sue azioni potrebbero portare un risultato simile.