Il successo del collocamento del BTp Valore 2028 ci fornisce la misura dell’impazienza delle famiglie verso il sistema delle banche. Per anni hanno accettato di parcheggiare i loro risparmi su conti deposito a tassi zero, perché le condizioni del mercato erano quelle. Adesso, però, i tassi di interesse sono saliti ai massimi da quando esiste l’euro e i clienti non hanno visto il becco di un quattrino. Il ritornello delle banche è cambiato; non sono più i tassi di mercato a giustificare la mancata remunerazione della liquidità, bensì il fatto che i conti correnti e deposito non sarebbero forme di investimento.
Aumento tassi prosciuga conti correnti e deposito
C’è una grande ipocrisia in questa storia, che consulenti finanziari e certa stampa compiacente replicano come un mantra. E’ vero che il conto corrente non è un investimento, ma non è vero che per ciò stesso debba restare infruttifero. Le giacenze su questi strumenti di pagamento, divenuti essenziali oggigiorno, sono più o meno stabili nel tempo, anzi mostrano un trend crescente. Le banche hanno la possibilità di utilizzarle per prestare denaro, fatte salve le riserve obbligatorie e facoltative per fronteggiare i prelievi medi quotidiani. Non è più vero che i conti correnti stessi – figuriamoci i conti deposito – siano semplicemente un servizio offerto dalle banche per consentire accrediti di pagamenti e pagamenti con carta o prelievi in contante ai POS.
Poiché i clienti non hanno l’anello al naso, hanno iniziato a guardarsi intorno. Con l’aumento dei tassi di interesse, quest’anno in soli otto mesi hanno ridotto di 100 miliardi di euro i risparmi depositati in banca. In termini percentuali, parliamo di uno smobilizzo di poco superiore al 5%. Nulla di seriamente preoccupante per il sistema del credito, specie in una fase in cui presta minore denaro per via del rallentamento economico in corso.
Risparmi da banche a titoli di stato
Dov’è andato a finire quel fiume di denaro? Diremmo, a pagare qualche bolletta esosa di luce e gas e a fare la spesa a prezzi stellari. I dati dicono un’altra cosa. Nei primi sei mesi dell’anno, le famiglie italiane hanno aumentato gli acquisti netti in titoli di stato domestici per quasi 77 miliardi. Nello stesso semestre, i risparmi in banca crollavano di 88,4 miliardi. Avete ancora dubbi? Su 100 euro prelevati, 87 sono andati a finire in BTp. Gli italiani sono meno ignoranti di quanto li dipingano i consulenti di fuffa finanziaria. Hanno visto salire i rendimenti fino al 4-5% sui bond del Tesoro e di uno zero virgola sui conti deposito. Hanno spostato denaro dai secondi ai primi, con buona pace delle chiacchiere di banchieri e reti interessate a demonizzare gli investimenti in obbligazioni di stato.
E’ evidente che le banche torneranno ad attirare i risparmi dei clienti a colpi di tassi di interesse solo quando avranno bisogno della loro liquidità. Più o meno faranno passare questa fase di contrazione dell’economia e aspetteranno che i tassi scendano un po’ per migliorare un po’ le offerte, ma senza inseguire la corsa dei rendimenti sovrani e corporate. Nel frattempo, le esposizioni dirette delle famiglie verso i BTp tendono ad avvicinarsi ai 300 miliardi. Cifre che non pensavamo più possibili fino a un anno fa. E’ bastata un po’ d’inflazione, con annesso aumento dei tassi, per riportarci indietro di tanti anni.