Italiani sempre più formiche durante la pandemia, anzi perlopiù a seguito di essa. Stando all’Abi, in aprile la raccolta delle banche è salita complessivamente a 1.970,6 miliardi di euro, in crescita di 119,2 miliardi su base annua. Il fenomeno è uguale anche nel resto del mondo. Tra restrizioni anti-Covid e la paura stessa di uscire di casa, i consumi delle famiglie sono diminuite e la propensione al risparmio cresciuta.
Tuttavia, se andiamo a vedere quanto questi risparmi siano stati remunerati, ci accorgiamo che le famiglie abbiano perso reddito per strada.
Insomma, abbiamo risparmiato di più e incassato di meno. A cosa è dovuto questo apparente paradosso? In parte, alla composizione della raccolta stessa. Da diversi anni, le obbligazioni bancarie si contraggono incessantemente nei portafogli delle famiglie. L’ultimo dato le dà a 214 miliardi di euro. Erano a 374 miliardi nello stesso mese del 2016. In 5 anni, sono diminuite del 43%. Questi titoli offrono tipicamente rendimenti ben più alti (in media, l’1,82% nell’aprile scorso), ma a fronte di un rischio altrettanto elevato.
Risparmi infruttiferi e sfiducia nel sistema
Il problema principale si chiama, però, tassi a zero o negativi. La BCE ha azzerato il costo del denaro per sostenere l’economia nell’Eurozona e applica da anni tassi negativi sui depositi delle banche presso i suoi sportelli. Tant’è che gli istituti stanno iniziando a informare i clienti che sopra certe cifre non potranno più tenere conti correnti accesi, in quanto l’eccesso di liquidità si tramuta per loro in un costo.
Ma il boom dei risparmi infruttiferi risente di un problema cronico e ormai preoccupante, almeno in parte: la scarsa educazione finanziaria. I dati Pisa dell’OCSE ci collocano stabilmente da anni negli ultimissimi posti della classifica europea per conoscenze finanziarie. Ci capiamo mediamente poco di mercati e preferiamo per questo affidare i nostri risparmi alle sole banche, dove pensiamo di non correre alcun rischio. Il resto lo fanno diffidenza ed eccesso di cautela. Gli italiani non mettono facilmente i loro risparmi nelle mani dei professionisti, né sono propensi a investire in titoli “non sicuri”. Gli scandali di questi anni non hanno di certo aiutato, così come neppure la scarsa fiducia che come cittadini riponiamo nelle istituzioni.
La prudenza è un atteggiamento certamente sano nella vita, così come nel mondo della finanza. Ma quando diventa eccessiva, finisce per paralizzare, per fare perdere occasioni ghiotte per mettere davvero a frutto i propri sacrifici. Pensate solamente che se i 1.970 miliardi e passa portati in banca fossero impiegati in asset redditizi anche solo per l’1% in più all’anno, le famiglie incasserebbero circa una ventina di miliardi in più, qualcosa come oltre un punto di PIL. Aumenterebbero i consumi e senza necessariamente dover lavorare di più. Invece, la sola inflazione fa perdere quasi l’1% del potere di acquisto di questa liquidità infruttifera. In pratica, anziché guadagnarli, gli italiani stanno buttando dalla finestra quasi una ventina di miliardi ogni anno.