I buoni fruttiferi postali, come tutti sanno, sono tra i prodotti di investimento più amati dagli italiani perché non hanno costi di sottoscrizione o di rimborso eccetto gli oneri di natura fiscale. Sono poi emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti Spa e garantiti dallo Stato Italiano.

Nell’ultimo periodo, però, sono state molte le diatribe tra i possessori di tali titoli e Poste Italiane in merito ad errati rimborsi. Uno degli ultimi provvedimenti in merito a tale questione arriva dal Collegio di Palermo dell’ABF che ha sancito il diritto a 3 risparmiatrici siciliane di riscuotere importi riportati dietro alla tabella dei titoli riguardanti gli anni dal ventunesimo al trentesimo.

Grazie all’Avvocato braidese Alberto Rizzo, quindi, costoro sono riuscite ad ottenere rimborsi per oltre 22 mila euro. Ma vediamo cosa è accaduto.

Riconoscimento importi riportati dietro ai buoni fruttiferi postali

È arrivato un altro importante provvedimento del Collegio di Palermo dell’Arbitro Bancario Finanziario in merito ai buoni fruttiferi postali. È stato infatti sancito il diritto di tre risparmiatrici di Enna cointestatarie di un titolo a riscuotere gli importi che erano riporti dietro alla tabella (anni dal 21° al 30°) pari a circa 52 mila euro e non quelli più bassi riconosciuti da Poste Italiane che erano uguali a 28 mila euro.

La storia

Tre risparmiatrici erano titolari di un buono fruttifero postale emesso nel 1988. Fin qui nulla di strano ma al momento del rimborso le donne si sono viste respingere le proprie richieste di riconoscimento degli interessi riportati dietro al titolo a causa di una modifica avvenuta nel 1986 prima che loro li sottoscrivessero e di un timbro che l’intermediario aveva inserito sopra la tabella con i rendimenti dei titoli.

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La decisione del Collegio di Palermo

Il Collegio di Palermo in merito alla questione su citata ha affermato la prevalenza di quanto era riportato sul titolo rispetto alle modifiche apportate con DM del 1986 che all’epoca era antecedente alla sottoscrizione del buono fruttifero postale.

Il timbro inserito su quest’ultimo, poi, prevedeva interessi dovuti soltanto per i primi 20 anni di validità del titolo senza comunicare nulla degli interessi dal ventunesimo al trentesimo anno.

Poste Italiane, quindi, è stata condannata a rimborsare alle risparmiatrici assistite dall’Avvocato Rizzo gli interessi previsti dal loro buono dal ventunesimo al trentesimo anno e non quelli riconosciuti inizialmente. In questo modo le tre risparmiatrici si sono viste riconoscere oltre 22 mila euro in più rispetto al calcolo iniziale.

In merito a tale vittoria, l’avvocato Rizzo afferma che essa è molto importante per migliaia di titolari di titoli che dopo 30 anni si recano presso gli uffici postali e si vedono riconoscere importi più bassi rispetto ai rendimenti previsti nel buono.

L’Avvocato consiglia quindi a chi ha un buono emesso dopo giugno 1986 di farlo esaminare per capire se abbia diritto ad un importo maggiore rispetto a quello determinato da Poste. Anche chi lo ha già incassato potrà farlo visionare ma non dovranno essere trascorsi 10 anni in quanto poi il titolo va in prescrizione.

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