Ieri, il Tesoro ha raccolto tutti i 6 miliardi di euro preventivati con l’asta BoT annuali (ISIN: IT0005512030), i cui risultati sono apparsi a dir poco appetibili per i risparmiatori. A fronte di ordini per 8,39 miliardi, il prezzo di aggiudicazione è stato di 97,504 centesimi. Ad esso è corrisposto un rendimento annuo lordo del 2,532%, in forte rialzo dal già alto 2,091% di metà settembre. Allora, gli ordini erano stati 1,31 volte superiori all’importo offerto, mentre stavolta si sono attestati a 1,44 volte.
I BoT sono Buoni ordinari del Tesoro senza cedola e della durata massima di 12 mesi.
I BoT annuali non hanno reso nulla negli ultimi anni. Anzi, fino a pochi mesi fa rendevano meno di zero, per cui chi li acquistava aveva la certezza di subire una perdita alla scadenza. Non a caso, erano diventati esclusiva degli investitori istituzionali come banche commerciali, le quali per necessità regolamentari hanno l’esigenza di tenere in portafoglio asset di qualità, pur se sprovvisti di rendimento.
Risultati asta BoT annuali favorevoli al risparmio
Con un rendimento lordo schizzato sopra il 2,50%, ignorarli sarebbe un peccato per il piccolo risparmiatore. Ancora oggi, infatti, i conti deposito, vale a dire la forma di “investimento” più sicura e semplice per le famiglie, offrono tassi d’interesse molto bassi. C’è Banca Illimity a dare il 4%, ma a parte essere una mosca bianca, lo fa dietro vincolo a 60 mesi. I BoT annuali, invece, si riscuotono tra 12 mesi.
Certo, va detto che nella Nota di aggiornamento al DEF, il governo Draghi ha fissato un’inflazione programmata del 4,3% per l’anno prossimo. Questo significa che il rendimento reale dei BoT annuali rischia di risultare nettamente negativo.
Va detto, infine, che il rendimento dei BoT annuali risulta ancora oggi inferiore a quello medio vigente nell’Eurozona e pari al 2,64% secondo l’IRS a 1 anno di martedì. Ad esempio, il BTp a 10 anni offre già un premio nell’ordine dei 140 punti base o 1,40%. Potremmo essere vicini al raggiungimento dell’apice per i tassi d’interesse nell’area. Se così fosse, entro pochi mesi assisteremmo a una discesa, la cui velocità dipenderebbe dall’andamento dell’inflazione. Brutto a dirsi, ma a dare una mano sarebbe la prevista recessione dell’economia con la crisi dell’energia.