I tedeschi non sono un popolo avvezzo ai cambiamenti repentini e ai colpi di testa. Josip Stalin diceva di loro che non potranno mai fare la rivoluzione, perché per farla bisogna calpestare i prati. Eppure, i risultati delle elezioni in Germania di ieri un po’ rivoluzionari lo sono. Anzi, nelle ultime tre elezioni si avvertono scricchiolii evidenti ai danni del sistema politico nato dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. Quando ancora non si conoscevano i dati esatti dei partiti, né si era certi di chi sarebbe rimasto fuori dal Bundestag, l’unica certezza era già ieri sera dopo i primissimi exit poll che Friedrich Merz sarà il nuovo cancelliere.
Non era difficile spodestare l’impalpabile Olaf Scholz, rivelatosi ben peggiore delle peggiori caricature affibbiategli 4 anni fa dai suoi stessi uomini.
Risultati elezioni in Germania: Merz cancelliere con pochi voti
Sbaglia, però, chi crede al commento a caldo di Merz sui risultati delle elezioni in Germania. Egli ha parlato di “vittoria storica” per la sua CDU/CSU, la coalizione cristiano-democratica. Può avere ragione, ma nel senso che mai un leader di centro-destra aveva vinto con così pochi voti: 28,5%. I sondaggi gli assegnavano la speranza di ottenere il 30%, che già sarebbe stato un magro bottino. Può consolarsi sapendo che peggio di lui ha fatto solamente lo stesso Scholz, che divenne nel 2021 cancelliere con meno del 26%.
I due principali schieramenti post-bellici – CDU/CSU da una parte e SPD dall’altra – non possono neanche più considerarsi Volksparteien, partiti di massa. Lontani i tempi in cui i conservatori sfioravano il 50% o già facevano facce strane se prendevano poco più del 40%.
Adesso, festeggiano come se avessero vinto la gara della vita con meno del 30%.
Se Merz dentro di sé non ride, i suoi avversari hanno di che piangere. La coalizione “semaforo” che ha guidato la Germania fino al novembre scorso, era composta da tre partiti: SPD, Verdi e liberali (FDP). Complessivamente, hanno perso quasi il 20% e in termini di seggi passati dall’avere la maggioranza assoluta a meno di un terzo. I liberali neanche saranno più al Bundestag, avendo preso meno dello sbarramento al 5% (-7,1%). I socialdemocratici registrano il loro peggiore risultato con il 16,4%, perdendo il 9,3%. I Verdi scendono all’11,6% e se la cavano con il -3,1%.
AfD spariglia le carte
E arriviamo alla vera rivoluzione di questi risultati delle elezioni in Germania: l’AfD. Si è scatenata contro questo partito dell’ultra-destra una campagna di stampa durissima negli ultimi tempi, in tutta Europa. Il partito nacque come riposizionamento dei circoli più conservatori in fuga dalla CDU di Angela Merkel oltre un decennio fa. E’ accusato di simpatie naziste, anche se la sua leader Alice Weidel è lesbica, sposata con una svizzera di origini cingalesi e con cui ha due figli adottivi. Ed è stata un ex funzionaria di Goldman Sachs. Non è per nulla il profilo di un’esaltata hitleriana.
L’AfD sfiora il 21% dei consensi, dietro solamente ai conservatori di Merz. Ottiene 152 seggi. Ieri sera, Weidel ha teso la mano al prossimo cancelliere, sentendosi replicare “nein”. Insieme, avrebbero una forte maggioranza assoluta dei seggi: 360 su 630. Perché Merz non ne vuole sentire parlare? In primis, perché teme la reazione internazionale. I tedeschi vivono da 80 anni nel terrore di apparire razzisti. Sono disposti a tutto, pur di smentire questo pregiudizio. Allearsi con un partito considerato “filo-nazista”, avrebbe conseguenze d’immagine che a Berlino tutti vogliono evitare.
Questa è, però, solo parte della storia. La verità è che i conservatori temono di essere risucchiati dall’AfD come accaduto in Francia ai neogollisti con Marine Le Pen. E’ un semplice istinto di conservazione. In cuor suo, Merz spera di fare qualcosa che possa fargli recuperare elettori andati a finire tra le braccia dell’AfD. Cosa? Lotta all’immigrazione clandestina, ritorno al nucleare, un po’ di politica per la crescita, ecc. Come farà con un alleato di sinistra resta tutto da capire. Il vero rischio per lui sarà lo scenario austriaco, in cui l’ultra-destra è ora prima e davanti ai popolari. Le alleanze contro natura indispongono alla lunga gli elettori, perché annacquano i programmi.
Liberali puniti per le loro ambiguità
Dai risultati delle elezioni in Germania percepiamo una rivoluzione invocata dai tedeschi e che quasi certamente non si esplicherà in alcunché di straordinario. La Grosse Koalition che si prospetta, un tempo rappresentava almeno i due terzi degli elettori, mentre adesso appena il 45%. E sarà possibile solo perché due partiti sono rimasti fuori dal Bundestag: i liberali dell’FDP e il Movimento Sahra Wagenknecht. E qui si apre un altro interrogativo: il flop dei primi è dovuto al fatto di avere sostenuto un governo fallimentare o di averlo affossato? Stando ai sondaggi, gli elettori hanno salutato il partito guidato da Christian Lindner già da qualche anno, spingendo quest’ultimo ad uscire dalla maggioranza per cercare di risalire la china dei consensi.
I tedeschi non si sono fatti fregare da chi ha avallato il Green Deal, affossando le imprese e i bilanci familiari per poi fare campagna elettorale contro. I liberali sono stati da sempre una forza politica pro-business, tutori dell’ortodossia fiscale e poco entusiasti dell’Unione Europea, tanto da averne preso sempre le distanze sui salvataggi di banche e stati, emissioni di debito comune e acquisti di bond della Banca Centrale Europea (BCE).
Risultati elezioni in Germania monito per Merz
Ma la loro incidenza nei governi è sempre stata marginale e per questo vennero puniti già nel 2013. Quattro anni prima avevano ottenuto il loro massimo storico con oltre il 14%, consentendo alla cancelliera Angela Merkel di staccarsi dall’SPD e governare con loro. Tuttavia, in quegli anni vi furono i salvataggi di Irlanda, Grecia, Portogallo, banche spagnole e misure anti-spread della BCE. Il contrario della filosofia politica dell’FDP, che per questo crollarono sotto il 5% e rimasero esclusi dal Bundestag per la prima volta dal 1949. Al loro posto si registrò l’ascesa di un nuovo partito di destra, apparentemente non incline ai compromessi e ostile alla politica merkeliana, giudicata troppo di sinistra. Parliamo per l’appunto dell’AfD.
Lo stesso Merz lasciò la politica e fece carriera nel fondo americano BlackRock, non sentendosi rappresentato da Frau Merkel. Egli si poneva e si pone anche oggi alla destra della sua eredità politica. Il problema sarà esplicitarla da alleato dell’SPD, che potrebbe vendere cara la pelle in questi anni, cercando di rafforzare la propria identità di sinistra per rilanciarsi dalle prossime elezioni. Per Merz i risultati delle elezioni di ieri in Germania sono un duro monito. Confermano che una grossa fetta dei cittadini tedeschi continua a non sentirsi più rappresentata da quello che fu il partito della ricostruzione post-bellica.
giuseppe.timpone@investireoggi.it