Notte di tensioni, di botta e risposta, di confusione. Alla fine, i risultati delle elezioni presidenziali e politiche in Turchia hanno confermato solamente una previsione della vigilia, ovvero che si andrà al ballottaggio per conoscere il nome del prossimo vincitore. Ma il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan può guardare all’appuntamento del 28 maggio con un certo ottimismo. Pur non essendo stato capace di scongiurare il secondo turno, è riuscito ad imporsi ieri sul principale avversario. Con il 40,3%, ha allontanato lo spettro di una corsa in salita per il voto tra due settimane.
Risutati elezioni Turchia schiaffo a media occidentali
L’iperinflazione non è entrata nelle urne? Sarebbe un’analisi superficiale. Il carovita sta scuotendo la popolazione ed è il più temibile avversario di Erdogan a queste elezioni in Turchia. Solo che, evidentemente, ci sono milioni di turchi che non hanno dimenticato che la crescita del loro benessere negli ultimi venti anni sia avvenuta proprio sotto l’attuale presidente. C’è un senso di riconoscenza che continua ad essere diffuso tra il ceto medio, consapevole che Erdogan, pur artefice di drammatici errori negli ultimi anni sul fronte economico, sia stato anche il grande modernizzatore della Turchia.
Sta di fatto che Kiricdaroglu non ha dilagato come si pensasse. La coalizione che lo sostiene è eterogenea, va dalla destra nazionalista alla sinistra kemalista. Forse i turchi non hanno apprezzato, non si sono fidati e non se la sono sentita di compiere un salto nel buio. Perché Erdogan, nel bene e (sempre più) nel male rappresenta ancora una garanzia di stabilità. Insomma, è l’usato sicuro. E la lira turca va giù stamattina. Le chance per un “regime change” si riducono vistosamente.
Erdogan tiene maggioranza in Parlamento
Anche perché le elezioni per il rinnovo del Parlamento hanno decretato una larga maggioranza a favore della coalizione che sostiene Erdogan. L’AKP ha ottenuto il 35% e 268 seggi, l’MHP il 10,4% e 50 seggi e YRP 5 deputati. Su 600 deputati, i tre partiti dell’Alleanza Popolare possono contare di 324 seggi. Un dato che presumibilmente inciderà sull’esito del ballottaggio. Erdogan potrà puntare sulla carta della stabilità. Se vincesse Kiricdaroglu, infatti, il prossimo presidente sarebbe politicamente “zoppo”. Si ritroverebbe senza un Parlamento capace di votargli le leggi che propone il suo governo.
Il CHP, principale lista di opposizione filo-kemalista, si è fermata sotto il 25% (24,8%) a 168 seggi. L’intera Alleanza Nazionale ha ottenuto 212 seggi. Poco più di un terzo del Parlamento. Poco per segnalare la grande voglia di cambiamento che avrebbero i turchi. La verità è che Erdogan ha retto piuttosto bene, sebbene sia costretto al ballottaggio. Il “sultano” continua ad interpretare le istanze di una larga fetta della popolazione, mentre i suoi avversari restano rintanati nelle grandi città. Basta guardare la cartina di sotto, che la dice lunga sulle divisioni tra centri e periferia e tra est ed ovest in Turchia.
Erdogan vero dittatore?
C’è un’altra smentita a parte della narrazione prevalente in Occidente. Che Erdogan non sia un presidente del tutto liberaldemocratico, ça va sans dire. Dalla repressione delle proteste di Gezi Park a Istanbul nel 2013 ad oggi, ha svelato una faccia tenuta nascosta nel corso del suo primo decennio di governo. Tuttavia, un “dittatore” propriamente detto avrebbe trovato quell’1% scarso di schede che gli mancherebbe per evitare il ballottaggio. Invece, le elezioni in Turchia si sarebbero rivelate realmente contendibili, a riprova che dobbiamo sempre distinguere tra nostri desideri e realtà.
In conclusione, Erdogan governa da venti anni (col pugno di ferro, è vero) non in quanto dittatore, bensì anche per assenza di alternative credibili. Prima di lui, la Turchia era una nazione marginale sul piano geopolitico, molto più povera, arretrata ed eternamente instabile, in preda ad alti tassi d’inflazione e cambio debole. In fondo, il suo errore madornale è stato negli ultimi anni di avere modificato politica economica facendo ripiombare la popolazione ai decenni bui dell’instabilità finanziaria. Il suo merito era stato di mettersi alle spalle quella lunga era, rimpiazzandola con una caratterizzata da apertura dell’economia e modernizzazione a tappe forzate. E quando mancano pochi mesi ai festeggiamenti per i 100 anni dalla nascita della repubblica turca, questo merito non sembra essergli negato da una quota rilevante della popolazione.