Se l’attività di consulenza è svolta in forma d’impresa, la fattura non sarà soggetta a ritenuta d’acconto. Al contrario, nel caso in cui il professionista svolga la propria attività come lavoratore autonomo, il committente della prestazione, in qualità di sostituto d’imposta, è tenuto ad applicare sull’imponibile della fattura la ritenuta d’acconto del 20%. In sintesi, si è espressa in tal senso l’Agenzia delle entrate con la risposta n° 312 del 30 aprile 2021. La questione sulla modalità di svolgimento della professione si pone perché, in riferimento ai professionisti senza albo, la Legge n°4/2013, dispone che la professione può essere svolta in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa ecc.
La risposta n° 312 del 30 aprile: ritenuta d’acconto professionisti
La risposta n° 312 del 30 aprile prende spunto da apposita istanza di interpello presentata da una società che ha conferito un determinato incarico a un consulente aziendale esterno.
Nello specifico, il consulente è munito di partita Iva ed è titolare di una ditta individuale iscritta al registro delle imprese. L’incarico conferito è finalizzato allo svolgimento di un’attività in favore della medesima società:
- al fine di supportare le strategie commerciali e di sviluppo,
- mediante la valutazione dei mercati ed il posizionamento nelle aree di interesse della stessa.
Detto ciò, la società ha chiesto chiarimenti sulla corretta modalità di tassazione dei compensi mensili che dovrà corrispondere al consulente. Il dubbio riguarda l’applicazione della ritenuta d’acconto del 20% sulla fattura emessa dal consulente in regime iva ordinario.
Il parere dell’Agenzia delle entrate
La risposta dell’Agenzia delle entrate, non può prescindere dal corretto inquadramento fiscale delle somme percepite dal consulente.
Nel caso specifico, entra in gioco la Legge n° 4/2013, Legge che ha disciplinato lo svolgimento della professioni senza albo.
Si pensi ad esempio ai consulenti informatici, consulenti di marketing ecc.
Tali attività professionali sono definite quali:
attività economiche, anche organizzate, volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitabili abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, che però non risultano riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi.
Si tratta di attività svolta da professionisti che pur non essendo attratti ad alcun ordine professionale specifico, svolgono attività spesso molto rilevanti in campo economico. Infatti svolgono prestazioni di servizi o di opere a favore di terzi, abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale o comunque con il concorso di questo.
Sulla fatturazione, il comma 3 dell’articolo 1 della legge citata prevede che:
chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l’espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge”.
Attenzione: in caso di inosservanza di tale disposizione, il professionista è sanzionabile ai sensi del Codice del consumo (Dlgs n. 206/2005), in quanto “responsabile” di una pratica commerciale scorretta nei confronti del consumatore. Da qui l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che varia in funzione della gravità e della durata della violazione.
Conclusioni
Fatta tale ricostruzione, la questione verte sulle modalità di svolgimento della attività professionali senza albo.
A tal proposito, la Legge n° 4/2013 ammette piena libertà di scelta sulla forma giuridica attraverso la quale si svolge l’attività.
Infatti, la professione può essere svolta in forma:
- individuale,
- associata,
- societaria,
- cooperativa o
- nella forma del lavoro dipendente”
Nei fatti, è lasciata piena autonomia al professionista sulle modalità di svolgimento dell’attività. Anche i professionisti iscritti ad un albo specifico possono svolgere la propria attività in forma societaria/associata. In tale caso sono previste norme ad hoc per le varie categorie professionali. Per gli avvocati ad esempio, la norma di riferimento è la Legge n°247/2012.
Detto ciò, circa l’applicazione della ritenuta d’acconto professionisti si applicano le regole ordinarie, ex art.23 e ss del DPR 600/73.
Dunque,
- nel caso in cui il professionista svolge la propria attività come lavoratore autonomo, il committente della prestazione, in qualità di sostituto d’imposta, è tenuto ad applicare sull’imponibile della fattura la ritenuta d’acconto del 20% (articolo 25 del Dpr n. 600/1973);
- al contrario se l’attività è svolta in forma di impresa (ditta individuale o società), l’importo corrisposto non è assoggettato a ritenuta a titolo d’acconto.
Nel caso in esame, l’Agenzia ritiene che, trattandosi di “prestazioni di consulenza aziendale eseguite da un consulente titolare di una ditta individuale iscritta al registro delle imprese con regolare partita iva”, il corrispettivo dovuto non è soggetto a ritenuta.