Non è allarme, ma lo spread è risalito fino a portarsi in area 200 punti base, sebbene nelle ultime sedute sia arretrato anche sotto 190 punti. Il vero cruccio non sta tanto nel differenziale di rendimento dei BTp a 10 anni rispetto agli omologhi tedeschi. Il punto è che l’Italia ormai da mesi risulta essere il mercato sovrano con i rendimenti più alti. Pensate che i decennali della Grecia stanno offrendo circa lo 0,70% in meno dei nostri. Ancora più imbarazzante il confronto con paesi come Spagna e Portogallo.
E c’è una ragione ben specifica se i mercati martellano contro i BTp e ne ampliano gli spread lungo la curva. Sappiamo che il debito pubblico italiano è il secondo più alto dell’Eurozona dopo la Grecia. E che l’economia italiana, al netto dell’ottimo rimbalzo del PIL nel biennio 2021-2022, resta stagnante da decenni. C’è da aggiungere un terzo elemento di riflessione: la gestione delle finanze statali in era Covid è stata ben più “spensierata” che altrove.
Boom deficit Italia con pandemia
Nel marzo del 2020, a causa della pandemia l’Unione Europea sospese il famoso Patto di stabilità. I limiti al deficit e al debito pubblico furono temporaneamente rimossi. Fino al 31 dicembre di quest’anno. Nel triennio 2020-2022, i governi ebbero modo di reagire alla crisi provocata dal Covid con misure di spesa pubblica impensabili fino al 2019. Complice il tracollo del PIL per via dei lockdown, nel 2020 i disavanzi fiscali esplosero un po’ ovunque. In Italia, schizzarono al 9,7% del PIL. L’anno prima, il bilancio dello stato si era chiuso in deficit dell’1,6%.
Nel triennio 2020-’22, l’Italia ha registrato un rosso per le sue finanze pari a complessivi 26,7 punti di PIL. A titolo di confronto, nello stesso periodo la Francia ha segnato -20,2%, la Spagna -21,8% e la Germania -10,6%.
Spread legato a prospettive debito
Comunque sia, lo spread non è salito senza ragioni. La crescita del PIL oltre le attese nel 2021-’22 (+8,3% e +3,7%) si deve in grossa parte proprio all’alta leva fiscale di quel biennio. Il deficit si attestò al 9% e all’8% rispettivamente. Come dire che l’economia italiana senza eccessi di spesa non riuscirebbe a crescere. Il rimbalzo del PIL prima e il boom dell’inflazione subito dopo hanno per fortuna frenato la corsa del rapporto debito/PIL. Rispetto all’era pre-Covid, questo risulta salito di soli sette punti percentuali al 2022. Altri paesi hanno fatto di peggio, compresi quelli che ci battono sullo spread. Il punto è che il ritorno alla normalità penalizza proprio l’Italia, che tra regole fiscali più stringenti e fine della politica monetaria ultra-espansiva tira il fiato e vede esplodere la spesa per interessi.