I morti provocati dalla terribile alluvione di Valencia della settimana scorsa sono saliti ad ora a 217, mentre i dispersi restano ben sopra quota mille e molti potrebbero essere rimasti seppelliti nel fango che ancora ricopre strade ed edifici. Il bilancio è di ora in ora sempre più terribile e la rabbia della popolazione colpita sale. Ieri, è andata in scena in tutta la sua drammatica irruenza a Paiporta, alla periferia di Valencia e centro devastato dalla pioggia torrenziale. Migliaia di persone hanno atteso l’arrivo di Re Felipe e del premier Pedro Sanchez, ma non per accoglierli.
Rivolta nel fango a Valencia
Non è stata la cosa peggiore. Il monarca e il premier sono stati raggiunti da pietre di fango e il secondo anche dal lancio di un bastone. I vetri dell’auto di Sanchez sono stati altresì rotti da una piccola folla che l’aveva circondata e che ha costretto il capo del governo ad andare via dal luogo della tragedia. Questa rivolta nel fango del popolo di Valencia è stato uno choc mondiale e contrasta in maniera nitida con l’immagine forzata che i media da anni cercano di dare del paese iberico, quasi che fosse sede quasi di ogni virtù. Invece, le inefficienze e la mancanze nella sfera pubblica sono tante e sono emerse in questi giorni con una gestione a tratti dilettantesca della tragedia.
Spread in Spagna più basso
Se c’è qualcosa che noi italiani possiamo invidiare da tempo è il basso spread della Spagna. I Bonos a 10 anni rendono lo 0,55% in meno dei BTp di pari durata. Ormai da anni. Un tempo era il contrario. Se ci limitassimo a questo dato, come spesso facciamo per pigrizia e un innato senso di inferiorità verso chicchessia, diremmo che l’economia spagnola sia migliore della nostra.
Tra boom economico e tensioni interne
La Spagna ha fatto passi da giganti in tutte le direzioni con l’ingresso nella CEE del 1986 e lo spread non è l’unico indicatore che ce lo ricordi. Tuttavia, rimane un paese con forti squilibri regionali, un po’ come tra Nord e Sud in Italia. Regioni povere come Melilla, Extremadura e Andalusia hanno un Pil pro-capite di poco superiore alla metà di quello di Madrid, che è l’area più ricca. Valencia sta nella parte medio-bassa della classifica e questo contribuisce a spiegare la rabbia dei sopravvissuti. C’è stata la sensazione di essere dimenticati dal governo centrale, in quanto territorio relativamente povero. I soccorsi sono arrivati con colpevole ritardo, così come l’allerta meteo era scattata ad alluvione iniziata.
Non è la prima volta che la Spagna ci consegna immagini di tensioni interne molto forti. Sette anni fa, dall’altra parte della nazione si aprì una ferita che sanguina ancora. I separatisti catalani tennero un referendum sulla secessione, represso dalla Guardia Civil che entrò fin dentro ai seggi per ripristinare l’ordine. I leader di quel tentativo di sedizione sono ancora oggi chi in carcere e chi in fuga all’estero. L’ex presidente Carlos Puigdemont è tornato di recente dall’auto-esilio in Belgio e ha tenuto un comizio a Barcellona, salvo sfuggire agli arresti delle forze dell’ordine subito dopo.
Rivolta a Valencia riporta coi piedi per terra
Tutto questo non figura nello spread della Spagna, che spesso è più funzionale alla narrazione idilliaca di un sistema Paese ammirato a Bruxelles per le sue nulle rivendicazioni all’infuori della difesa dei confini con il Marocco.