Rivoluzione Serie A: sì alla media company, ecco cosa cambia per il calcio italiano

La Lega apre ai fondi privati per la gestione dei diritti TV e del marketing. Subito pronti 1,5 miliardi di euro. Come li spenderanno i club?
4 anni fa
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E’ svolta. La Lega di Serie A ha approvato ieri all’unanimità l’iter per la creazione di una media company, di cui potranno essere soci anche i fondi di equity privati. Le offerte specifiche saranno discusse a una prossima assemblea dei club. Per il momento, sappiamo che esistono due proposte: la prima da 1,625 miliardi di euro per rilevare il 10% della newco è stata avanzata dalla cordata composta da CVC, Advent e FSI; la seconda da 1,35 miliardi e sempre per entrare nel capitale con il 10% è di Bain-Nb Renaissance.

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La soluzione è stata fortemente caldeggiata dal presidente Paolo Dal Pino e dall’amministratore delegato Luigi De Siervo. Il primo si è detto fortemente preoccupato per il possibile “collasso” a cui il calcio italiano sarebbe esposto per via della chiusura degli stadi. Fortemente contrario era stato fino a ieri il presidente della Lazio, Claudio Lotito, che facendosi portavoce dei dubbi delle piccole società di Serie A continua a dare battaglia, pur avendo approvato l’atto di indirizzo.

Cosa cambia davvero

Cosa significa la svolta di ieri? La Serie A diventa sostanzialmente una società. La gestione del marketing e dei diritti TV spetterà alla newco, mentre quella sportiva resterà in capo alla Lega. Entrando potenzialmente subito circa 1,5 miliardi di euro, le principali 20 squadre del campionato di calcio italiano avranno a disposizione liquidità preziosa più che mai in questo periodo di magra con l’emergenza Covid tutt’altro che cessata.

Il problema è come saranno utilizzati questi fondi. Dal Pino vorrebbe che fossero impiegati a sostegno degli investimenti, tra cui per la costruzione degli stadi di proprietà. Va da sé che le squadre, specie quelle finanziariamente più con l’acqua alla gola, vorrebbero spenderli per ripianare i debiti e abbellire i bilanci.

In questo secondo caso, rischiamo di buttare al vento un’opportunità storica per rilanciare l’appeal del calcio tricolore con operazioni di corto respiro.

Ma c’è anche una questione più fondamentalmente giuridica: poiché questo maxi-incasso apparterebbe a tutte le squadre che nel corso degli anni farebbero parte della Serie A, con quale diritto alcune se ne accaparrerebbero una fetta per investimenti individuali? In altre parole, questa liquidità dovrebbe essere spesa o per investimenti collettivi o gradualmente negli anni a favore di tutte le società che man mano saranno presenti nella massima lega.

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Svecchiare per non morire

Restano, dunque, importanti nodi da sciogliere, ma il passo che la Serie A ha compiuto con l’assemblea di ieri appare una rivoluzione, forse non a caso proprio nel momento più critico da decenni per il calcio europeo e mondiale. A parte gli stadi chiusi, che di per sé implicano mancati incassi per la media di almeno 8 milioni di euro a gara, c’è l’arretratezza con cui oggi le società italiane gestiscono il marketing e gli stessi diritti TV, con impatto negativo sulle loro finanze, tant’è che ormai si trovano costrette a rinunciare a competere per comprare i top players internazionali. In questo senso, l’ingaggio di Cristiano Ronaldo alla Juventus rappresenta un’eccezione.

Più che per convinzione, la svolta sembra arrivata per consunzione. La prossima asta per l’assegnazione dei diritti TV per il triennio 2021-2024 si terrà tra pochi mesi e, anche causa pandemia, non esiste alcun offerente disponibile a mettere sul piatto cifre superiori a quelle del 2018. Sky è in tensione da mesi con la Lega, puntando a uno sconto per i danni accusati dalla sospensione del campionato tra marzo e giugno. C’è in auge l’ipotesi di costruire un canale della Lega, che offrirebbe un prodotto uguale a tutte le piattaforme, le quali lo acquisterebbero a prezzi dati e senza poterlo modificare nei contenuti e nella forma.

Ma anche per questo cambiamento servono tempo e soldi. E forse è arrivata davvero l’ora che la Serie A adotti un approccio imprenditoriale nella gestione del calcio.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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