Un tracollo forse inatteso in queste proporzioni e che preoccupa l’establishment russo. Il rublo sta collassando contro il dollaro e il tasso di cambio si è già portato ai livelli minimi dal marzo 2022, subito dopo lo scoppio della guerra con l’Ucraina. Sono arrivati a servire fino a 120 rubli per 1 dollaro nella seduta di ieri, anche se ufficialmente adesso lo scambio avviene a circa 110,70. In ogni caso, siamo lontanissimi dai livelli di agosto, quando bastavano 84 rubli per comprare un dollaro.
Rublo colpito da nuove sanzioni USA
La Banca di Russia ha annunciato che rinvierà ancora una volta gli acquisti di valute estere per irrobustire le riserve. Anzi, sta vendendo l’equivalente di 8,4 miliardi di rubli in valute estere (circa 76 milioni di dollari) al giorno per stabilizzare il cambio sul mercato forex. Alla base della crisi recente del rublo vi è l’ultima sfornata di sanzioni americane. L’amministrazione Biden ha annunciato il 21 novembre scorso che saranno colpite dall’embargo anche le banche russe attive per i pagamenti internazionali. Tra queste anche Gazprombank, che sinora era stata esclusa per consentire agli alleati europei di pagare le forniture di gas alla Russia.
Prezzo del gas sale in Europa
E come effetto del timore di non riuscire più a provvedere i pagamenti, il prezzo del gas in Europa è salito sopra 48 euro per Mega-wattora. Per fortuna l’inverno è ancora relativamente mite nel Vecchio Continente e le scorte sono elevate. Fatto sta che un anno fa, di questi giorni, il prezzo alla borsa olandese si aggirava intorno ai 42 euro.
Il tracollo del rublo sta provocando tensione a Mosca. Il numero due della Banca di Russia, Olga Skorobogatova, ha annunciato le dimissioni dopo avere ricoperto la carica per dieci anni.
Boom dei salari per mancanza di lavoratori
Finché dura la guerra, per il rublo non ci sarà facile salvezza. Non solo le sanzioni impediscono ai capitali stranieri di affluire, quale che sia il livello dei tassi; il problema sta anche nei salari. A settembre sono cresciuti dell’8,4% in termini reali, cioè al netto dell’inflazione. Poiché molti uomini sono inviati al fronte, gli operai nelle fabbriche scarseggiano. E la disoccupazione è scesa al record minimo del 2,3% ad ottobre. Ma il boom delle retribuzioni si ripercuote negativamente sui prezzi al consumo, costringendo la Banca di Russia ad alzare continuamente i tassi per “raffreddare” l’economia.
Il ministro delle Finanze, Anton Siluanov, ha dichiarato che la crisi del rublo rilancerà le esportazioni russe, che già sono in forte attivo. A parte che il Paese esporta praticamente solo materie prime, denominate in valute forti. In ogni caso, l’impatto sul costo della vita è enorme. E che la situazione sia critica lo dimostra anche Gazprom stessa, la compagnia energetica statale. In borsa ha perso più dei due terzi del suo valore negli ultimi tre anni, scendendo a una capitalizzazione di 2.710 miliardi di rubli. Ai mutati tassi di cambio, oggi vale meno di 25 miliardi di dollari, mentre nell’ottobre del 2021 era arrivata a sfiorare i 115 miliardi.
Crisi del rublo aspettando Trump
Per quanto possa sembrare che sia più che altro l’America ad avere fretta per un accordo di pace con la nuova amministrazione Trump, esso converrà proprio alla Russia. Non potrà permettersi a lungo di tenere impegnate centinaia di migliaia di soldati e di concentrarsi sulla produzione bellica a discapito dell’economia “leggera”. Ne stanno risentendo negativamente anche i conti pubblici, dato che i capitali non affluiscono neanche da alleati come la Cina e il Tesoro deve affidarsi solamente ai risparmi domestici per finanziare le emissioni. La crisi del rublo accelera la necessità di una svolta. La scadenza del 20 gennaio, data di insediamento di Donald Trump alla presidenza USA, non è lontana. Ma neanche così vicina per i tempi del mercato.