A cosa servono i sindacati? Non certo a difendere il potere di acquisto dei lavoratori. E’ quanto emerge dai dati OCSE, secondo cui i salari reali italiani dal 2008 al 2024 sono crollati dell’8,4%. Infatti, le retribuzioni orarie sono aumentate nel periodo considerato del 13%, che già in sé sarebbe un dato assai basso. Tuttavia, hanno dovuto fare i conti con un’inflazione complessiva del 22%. Peggio ha fatto la Spagna con un tracollo del 14%. Al contrario, i lavoratori tedeschi hanno beneficiato di un aumento del 14% e quelli francesi del 4%. Dunque, i nostri principali colleghi europei non saranno andati alla grande, ma perlomeno hanno visto crescere il potere di acquisto delle loro buste paga.
Bassa produttività del lavoro
La colpa è della bassa produttività del lavoro, che significa sostanzialmente che sgobbare in Italia rende meno che all’estero. Ciò non implica che la responsabilità sia necessariamente dei lavoratori. Bassi investimenti delle imprese, le loro scarse dimensioni medie ed esternalità negative come la Pubblica Amministrazione e la carenza di infrastrutture giocano un ruolo rilevante. La notizia positiva è che nel 2024 si è avuta un’inversione di tendenza: salari reali a +2,3% e sopra la media OCSE dell’1,4%. E la stessa produttività è salita dal 2022.
Alta sindacalizzazione, zero risultati
Presto per dire se la rondine farà la primavera. Per adesso abbiamo una certezza: l’alto tasso di sindacalizzazione in Italia non ha portato alcun beneficio tangibile. E sono sempre i dati OCSE a parlare. In media – i dati sono riferiti al 2019 – nell’area sono 15,8 lavoratori su 100 ad essere iscritti ad un sindacato. Percentuale che nel nostro Paese sale al 32,5% contro il 10,8% in Francia (2016) e il 16,3% in Germania.
Praticamente, abbiamo il doppio delle tessere dei tedeschi e il triplo dei francesi. Risultato: i salari reali vanno indietro e altrove, dove più e dove meno, crescono.
Ora, si dirà che questa sia una semplificazione estrema e persino banale. Può darsi, ma resta il fatto che i sindacati italiani hanno assistito al tracollo del potere di acquisto dei loro iscritti senza muovere un dito per lunghissimi anni. Tentano di recuperare il terreno perduto solo di recente, indicendo uno sciopero dietro l’altro e invocando il salario minimo legale, cioè chiedendo al governo di sostituirsi al loro operato. Evidentemente, non credono essi stessi alle loro capacità negoziali. Sarà un caso, ma tanto attivismo e linguaggio battagliero sono emersi con il ritorno del centro-destra alla guida dell’Italia.
Sindacati politicizzati nemici dei salari reali
Il male del sindacato italiano è sempre stato la politicizzazione. Non che la politica sia un corpo estraneo rispetto alle rivendicazioni salariali, ma la difesa dei lavoratori al tavolo delle trattative con imprese e governi dovrebbe prescindere dalle appartenenze partitiche. Fino a tutto il 2022, malgrado un’inflazione alle stelle che divorava i salari reali, i sindacati non hanno aperto bocca. Il loro ruolo è ancora più dubbio se si considera per l’appunto il dato sulla produttività. Qual è stato l’approccio negli ultimi decenni riguardo alla necessità di aumentare la produzione per unità lavorativa impiegata? Abbiamo assistito a una sterile difesa dello status quo, anche a costo di tenere ai margini del mercato del lavoro forze fresche (e produttive) come giovani e donne.
E le paghe per tutti nel frattempo andavano indietro, anziché avanti.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
ah ecco spiegato perché l’attuale governo non ha voluto il salario minimo (che c’è in quasi tutti i Paesi europei), perché personaggi (vedi Meloni, Donzelli , La Russa etc) essendo sempre così discreti e mai sopra le righe non vogliono certo sostituirsi ai sindacati… 🤣🤦♂️