Si avvicina la data delle elezioni federali in Germania, che si terranno il prossimo 26 settembre. Il favorito da tutti i sondaggi per la corsa alla cancelleria è Olaf Scholz, attuale ministro delle Finanze e capo dell’SPD, il Partito Socialdemocratico. Definito ironicamente “Scholzomat” dalla stampa tedesca per il suo modo di parlare robotico e privo di emozioni, l’uomo ha prospettato cambiamenti non marginali per l’economia domestica. Una delle sue principali promesse consiste nell’aumentare il salario minimo legale a 12 euro l’ora sin dal 2022.
Già con i governi di Grosse Koalition, l’SPD era riuscita a strappare negli anni scorsi alla CDU-CSU della cancelliera Angela Merkel l’introduzione del salario minimo. Questo è salito a 9,60 euro l’ora dal luglio scorso e dal luglio 2022 salirà ancora a 10,45 euro. Dunque, Scholz sta promettendo di aumentarlo di un altro 15% nel caso in cui diventasse cancelliere.
Non è l’unica promessa rilevante. Sotto di lui, non ci sarà più alcun aumento dell’età pensionabile, ad oggi fissata a 66 anni. E il livello delle pensioni resterà stabile, una dichiarazione che prelude al mantenimento del potere di acquisto degli assegni tedeschi per i prossimi anni. Ma c’è il rovescio della medaglia: la Spitzensteuerrate, vale a dire l’aliquota più alta sui redditi delle persone fisiche, salirà dal 42% al 45%. Ad oggi, essa grava sui redditi sopra circa 58.000 euro lordi all’anno. In cambio, spiega Scholz, ci saranno maggiori detrazioni fiscali per i single fino a 100.000 euro e le coppie fino a 200.000 euro.
Salario minimo, pensioni e tasse al centro delle trattative politiche
Il socialdemocratico promette anche maggiori investimenti pubblici, rompendo con la politica di austerità perseguita durante l’era Merkel. Tuttavia, è probabile che il successore della cancelliera faccia i conti con un’economia tedesca meno dinamica di quanto previsto. L’IFO ha tagliato le stime di crescita per quest’anno dal 3,3% al 2,5%.
L’implementazione delle promesse di Scholz dipenderà nel concreto anche dal tipo di alleanze che farà. Stando ai sondaggi, l’SPD non potrà certamente governare da sola. Avrà bisogno di 1-2 partiti almeno per guidare il prossimo governo. Quasi scontata la coalizione con i Verdi, mentre sul terzo alleato le opzioni restano tutte aperte: o la stessa CDU-CSU o i liberali dell’FDP o persino la Linke, il partito nostalgico del comunismo nella DDR. Nel primo e nel secondo caso, la coalizione sarebbe bilanciata a destra, nel terzo si sposterebbe nettamente a sinistra. Scholz è un centrista dentro l’SPD, ma nel partito le sue posizioni moderate sono mal tollerate dall’ala più progressista, desiderosa di rompere con i conservatori e di imprimere al governo federale un’impronta più socialisteggiante.
Salario minimo, pensioni e tasse saranno campi di battaglia su cui difficilmente il papabile nuovo successore farebbe passi indietro. E, però, rappresenterebbero bocconi indigesti per il centro-destra orfano di Frau Merkel, inaccettabili per la FDP pro-business. Al contrario, Verdi e Linke non avrebbero remore a dare il loro appoggio su questi temi. Anzi, l’ultra-sinistra preme per misure più radicali, tra cui il “congelamento” degli affitti, una questione sensibile nelle grandi città e, soprattutto, a Berlino. L’era Merkel sembra davvero finita.