Firenze, 3 Luglio 2017. Ah, finalmente posso comprami magliette, scarpette, “mutandette”, “pantalonette”, senza dover fare un mutuo con la banca. Oh dio, l’estate e’ gia’ cominciata climaticamente da un pezzo, e per ora mi sono dovuto accontentare degli avanzi di abbigliamento dell’anno scorso. Ma non credo di aver fatto chissa’ quale figuraccia visto lo stile di abbigliamento diffuso nei nostri centri storici in questo periodo. Anzi, devo riconoscere che mi sentivo proprio elegante (non solo perche’ italiano ed europeo) a confronto con gli “svaccati” seduti sui gradini di qualche chiesa rincorsi dagli idranti leggeri del Sindaco di turno, o da quegli altri, sempre “svaccati” e con capi da abbigliamento da svendita delle varie Walmart d’Italia e del mondo, che non hanno alternative che mangiare panini e pizze di plastica seduti sui marciapiedi (ma come fanno, i gradini sono cosi’ bassi e scomodi? Ah gia’, l’occasione fa l’uomo ladro), magari accanto a suore in pellegrinaggio.
Quindi, fatte le mie solite elucubrazioni (riflessioni) da rompicoglioni come alcuni mi valutano, ecco che mi incammino verso il centro storico.
Primo pensiero: ma guarda che casino che c’e’, e pensare che diversi di noi (Firenze nella fattispecie) vanno a fare i turisti altrove per fare le stesse file e stare nello stesso casino che’ c’e’ qui in centro… va buo’, magari mangiano cibi di plastica con aromi e profumi diversi e panorami ed edifici diversi…. che e’ quello che mi capita nelle mie avventure extra-confine italiano, facendo attenzione per evitare le plastiche fatte cibo, anche se travestite da bio-indigene.
Ma dedichiamoci ai saldi. Decisamente un clima diverso rispetto agli anni passati. Prezzi piu’ contenuti, anche perche’ molti negozi fanno parte di catene transnazionali che, standardizzando e strombazzando gusto e qualita’, senza farsi coinvolgere piu’ di tanto in bisogni creati ad arte dalla pubblicita’ e dalla moda, si riesce a non farsi spennare.
applicato lo sconto, erano quasi tutti piu’ alti di quelli rilevati nei giorni prima dei saldi, si’ che il prezzo scontato era grossomodo come quello precedente non scontato. Poveracci, ‘sti commercianti. Certo, hanno degli affitti da incubo da pagare per il loro fondo commerciale, ma e’ una loro scelta (“il mercato, bellezza!), e poi, non mi risulta che chi lavora da loro appartenga ad una categoria di privilegiati economicamente, anzi, diciamo che sono tra quelli disperati che basta che parlano uno straccio di lingua in piu’ oltre l’italiano, con quattro soldi li “arruolano”… e poi c’e’ il fisco di cui non sono tra i piu’ solerti contribuenti (Confcommercio e Confesercenti mi suoneranno vari violini per farmi credere il contrario), etc etc.
Gira e rigira, entrando e uscendo, mirando e rimirando le varie vetrine, alla fine mi sono annoiato, non avendo nessuna compulsione da shopping, e avendo poca voglia di comprare (soprattutto in quel contesto). E, a conferma di un’idea e di una pratica di cui avevo gia’ fatto esperienza, mi sono detto: ma che roba sono ‘sti saldi? E’ la solita “fuffa” mediatica e pubblicitaria per far credere che se fossi andato a marzo a comprarmi i pantaloni per l’estate, avrei speso di piu’.
comprando in Rete al buio un capo di abbigliamento solo perche’ costa un terzo di un negozio.
C’est la vie? Diciamo che e’ cosi’ se non si e’ irriverenti con se stessi, foss’anche per non sentire le sirene di stagione. Ed e’ anche facile farlo, basta volerlo.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
COMUNICATO STAMPA DELL’ADUC
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori
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