Saldo e stralcio entro i 3 mila euro e rateizzazione debiti più alti: queste le promesse. Fratelli d’Italia alle elezioni politiche di domenica 25 settembre ha conquistato la maggioranza ai seggi: Giorgia Meloni sarà la prossima premier, la prima donna in Italia. E tra le promesse fatte in campagna elettorale, tra i punti del suo programma c’è anche una modifica del sistema di tassazione nel nostro Paese, una riforma fiscale che parte dalla flat tax e – come si legge sul sito del partito – mira a un “fisco più equo” e alla “difesa del potere di acquisto degli italiani”.
Governo Meloni: i nodi da sciogliere
“La riforma fiscale è un obiettivo chiave nel programma di Meloni e richiede una leadership politica”, ha dichiarato a Reuters Maurizio Leo, responsabile delle politiche economiche e fiscali di Fratelli d’Italia. Il primo compito del prossimo premier, quindi, sarà trovare le risorse – miliardi di euro – per mantenere i suoi impegni elettorali, e quindi: ammorbidire i costi energetici, tagliare le tasse e bloccare un aumento dell’età pensionabile che entrerà in vigore da gennaio (così da scongiurare, come promesso, il ritorno alla Legge Fornero).
Inoltre, la Meloni ha dichiarato in più occasioni che la linea politica del suo partito prevede di annunciare un primo piano multimiliardario di sgravi fiscali entro la fine dell’anno. Una delle proposte fiscali di punta è la cd. flat tax, un’aliquota fiscale del 15% da applicare ai redditi annuali fino a 100.000 euro.
In futuro, la destra prevede anche di semplificare gradualmente il sistema delle imposte sul reddito, probabilmente riducendo le aliquote attuali da quattro a due, fino ad arrivare così a un’aliquota unica entro il 2027. Queste riforme annunciate, però, prevedono investimenti. Con l’Italia che va incontro a una delle crisi peggiori di sempre, però, da dove verranno prese le risorse necessarie?
Saldo e stralcio entro i 3 mila euro e rateizzazione debiti più alti: la riforma annunciata da Meloni
Tra gli obiettivi di riforma fiscale di Giorgia Meloni ci sono:
- la detassazione degli straordinari e delle “mance” del settore turistico e della somministrazione;
- la riduzione delle tasse sui premi produzione;
- il potenziamento del welfare aziendale e innalzamento della soglia di detassazione dei fringe benefit;
- l’ampliamento della platea dei beni con Iva ridotta, in particolare con riferimento al carrello della spesa e ai prodotti per l’infanzia.
In questo piano, poi, si inserisce il cd.
Infine, per le situazioni che precedono la cartella esattoriale, la “tregua fiscale” con la formula del 5+5: imposta definita attraverso una interlocuzione con l’Amministrazione finanziaria, sanzione forfettaria al 5% e rateizzazione automatica in 5 anni.
Riforma fiscale Meloni: da dove attingerà il nuovo governo?
Come già detto, per realizzare e rendere concrete le riforme annunciate saranno necessarie delle risorse mirate. La casse del Tesoro, però, non sono oggi in una situazione idilliaca. Con il Paese sull’orlo di una recessione e la spinta inflazionistica che rischia di accelerare la crisi, c’è veramente da chiedersi da dove il nuovo governo attingerà per mantenere le promesse fatte in campagna elettorale.
“Mentre la riforma fiscale entra in pieno svolgimento, lavoreremo su misure compensative strutturali. Interverremo in modo selettivo sulle agevolazioni fiscali esistenti che attualmente valgono circa 70 miliardi di euro”, ha affermato il responsabile delle politiche economiche e fiscali FdI.
Nei suoi discorsi, inoltre, Giorgia Meloni ha ribadito di aver intenzione di essere cauta con le finanze dello stato. La leader di destra, infatti, ha dichiarato che l’Italia – già carica di debiti – dovrebbe usare i prestiti extra solo come ultima risorsa. Il suo pacchetto di interventi, dunque, sarebbe finanziato da misure compensative per evitare di gravare sul disavanzo pubblico.
Una soluzione che sta prendendo in considerazione, come confermato dallo stesso Maurizio Leo, pare che sia quella di finanziare le misure attraverso le entrate derivanti da condoni fiscali, volti a risolvere le controversie in corso e il possibile taglio – fino al 50% – di quasi 9 miliardi di euro stanziati nel 2023 e destinati al finanziamento del reddito di cittadinanza.