Sono le ultime ore di campagna elettorale e i partiti alzano i toni per cercare di convincere gli indecisi. La Lega di Matteo Salvini sta puntando sul caro bollette per salire nei consensi. Continua a chiedere uno scostamento di bilancio da 30 miliardi di euro per aiutare famiglie e imprese a fronteggiare i rincari di luce e gas. Una posizione che non piace a Giorgia Meloni, che nel caso di vittoria del centro-destra domenica, diventerà premier e avrà la responsabile diretta dei conti pubblici nazionali.
Caro bollette tra deficit e allarme spread
E adesso anche Silvio Berlusconi si schiera contro l’indebitamento, sostenendo che vi siano risorse da utilizzare per contrastare il caro bollette. Anche Forza Italia ha capito i rischi della strategia elettorale di Salvini. Propendere per il deficit alla vigilia di una legge di Bilancio che andrà approvata in tempi strettissimi, dato che il prossimo governo s’insedierà non prima di inizio novembre, equivale a indisporre la Commissione europea e i mercati finanziari.
E il ricordo del 2018 è ancora vivo. Con l’aggravante che adesso siamo nel bel mezzo di una stretta sui tassi d’interesse della BCE, di una crisi energetica e di una guerra della Russia contro l’Ucraina, con il rischio che la nostra economia finisca presto in recessione. E nel frattempo il rapporto tra debito pubblico e PIL è esploso al 146% atteso per fine anno.
Anche perché Salvini non si risparmia neppure su altre voci di spesa. Pretende la cancellazione della legge Fornero, che già solo a dirlo farebbe esplodere lo spread.
Salvini versus Meloni
Salvini non è ingenuo, semplicemente è consapevole che non avrà quasi certamente la guida del prossimo governo e non dovrà rispondere della sua lista della spesa a nessuno. Anzi, essa potrebbe portargli qualche consenso in più, necessario per non sfigurare eccessivamente con il partito di Meloni e restare segretario dopo le elezioni. Un buon risultato gli garantirebbe anche qualche posto chiave da ministro. Non è un mistero che punti a tornare al Viminale. Meloni non lo vuole nella compagine governativa, perché conoscenza l’irruenza verbale dell’alleato e l’opposizione delle cancellerie straniere, a partire dalla Casa Bianca, alla sua figura.
Ma la linea del deficit non si sposa granché bene con la tutela degli interessi del Nord, cuore pulsante del consenso leghista e che starebbe battendo sempre più per Meloni, forse non a caso. Non ci potrà essere alcuno scontro con Bruxelles subito dopo la nascita dell’eventuale governo di centro-destra. Sarebbe una sciagura per lo spread e la stessa credibilità del nuovo esecutivo. Salvini, memore della sua disastrosa esperienza “giallo-verde”, lo sa. Solo che non ha altri tasti da battere per cercare di rosicchiare voti all’alleata super-favorita.