Con la conversione del decreto PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) si introduce un nuovo quadro sanzionatorio per i datori di lavoro privati che impiegano personale in maniera irregolare. Queste nuove disposizioni mirano a rendere più severe e dissuasive le sanzioni per chi viola le normative sul lavoro, con lo scopo di contrastare efficacemente il lavoro irregolare in Italia.
Parliamo del c.d. lavoro in nero. Un fenomeno non poco comune in Italia. Si tratta di attività lavorative svolte senza un contratto formale e, quindi, senza una registrazione ufficiale presso le autorità competenti.
- economia sommersa – l’elevato tasso di economia sommersa in alcune regioni contribuisce ad alimentare il lavoro nero. In particolare, nel sud dell’Italia, l’economia informale è spesso più presente, e molte attività commerciali operano in modo irregolare;
- carenza di controlli – la mancanza di controlli efficaci da parte delle autorità può incoraggiare i datori di lavoro a continuare ad assumere lavoratori senza un contratto;
- cultura – in alcune aree, il lavoro in nero è accettato come una pratica comune, soprattutto per i lavori a basso reddito o stagionali, come l’agricoltura o il turismo.
A tutto si aggiunge il costo del lavoro (stipendio, tasse, contributi previdenziali, ecc.) che può indurre alcuni datori di lavoro a cercare di risparmiare assumendo lavoratori in nero.
I danni per lavoratori e governo
Le conseguenze del lavoro in nero sono significative sia per i lavoratori che per la società. Per i lavoratori ne deriva la mancanza di diritti, come ferie pagate, malattia, assicurazione contro gli infortuni, e contributi pensionistici. Questo può portare a condizioni di vita precarie, soprattutto nel lungo termine.
Per la società e lo Stato ne derivano meno introiti sotto forma di tasse e contributi, il che si traduce in meno fondi disponibili per servizi pubblici e previdenziali.
In risposta, il legislatore italiano ha adottato e continua a mettere in campo varie misure per contrastare il lavoro in nero, tra cui maggiori controlli e sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le leggi. Anche se la lotta contro il lavoro sommerso è una sfida continua.
Lavoro in nero: aumentano le sanzioni per le aziende
Tra gli ultimi interventi per la lotta al lavoro in nero spiccano le disposizioni introdotte con la conversione del decreto PNRR. Disposizioni che rendono più severe e dissuasive le sanzioni per chi viola le normative sul lavoro.
Andando nel dettaglio si stabilisce che la sanzione per lavoro irregolare subisce un aumento significativo, passando dalla maggiorazione del 20% prevista dalla legge di Bilancio 2019 a una nuova maggiorazione complessiva del 30%. Dunque, un aumento del 10% rispetto alla normativa precedente. Vengono mantenute ulteriori maggiorazioni in specifiche circostanze. In particolare:
- maggiorazione nella misura del 20%. Che si applica quando il datore di lavoro impiega lavoratori “in nero” senza regolare permesso di soggiorno, minori in età non lavorativa. O lavoratori appartenenti a nuclei familiari percettori del reddito di inclusione;
- maggiorazione nella misura del 30%, che si si applica nei casi di recidiva del medesimo illecito. Evidenziando l’importanza di un approccio rigoroso e dissuasivo nei confronti dei trasgressori recidivi.
Il nuovo quadro sanzionatorio si applica a tutti i datori di lavoro del settore privato, ad eccezione di quelli appartenenti al settore domestico. Questa eccezione riconosce le peculiarità del lavoro domestico, che prevede regolamentazioni specifiche e mirate.
Riassumendo…
- con la conversione del decreto PNRR si inaspriscono le sanzioni per il lavoro in nero
- sale dal 20% al 30% la maggiorazione degli importi per la maxi sanzione
- si mantengono inalterate le altre maggiorazioni previste in specifiche circostanze
- il nuovo quadro sanzionatorio vale per i datori di lavoro settore privato, ad esclusione del settore lavoro domestico.