Scaglioni IRPEF mobili con l’inflazione alta, ecco perché

L'inflazione è salita ai massimi dal 1984 e adesso più che mai servono scaglioni IRPEF "mobili" per evitare il "drenaggio fiscale"
2 anni fa
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Riforma detrazioni fiscali in vista
Riforma detrazioni fiscali in vista © Licenza Creative Commons

L’inflazione italiana è salita all’11,9% nel mese di ottobre. Non era stata così alta dal 1984. Quell’anno c’era Bettino Craxi come premier, a capo di un governo del cosiddetto “penta-partito”. Ma allora si stava per uscire da un decennio di inflazione a due cifre, mentre ora ci siamo appena entrati. Con la speranza che questa fase duri pochi mesi, altro che anni! Sulla scorte della brutta esperienza di quaranta anni fa, appare necessario più che mai tendere a scaglioni IRPEF mobili.

E ciò al fine di sventare sul nascere il rischio di “drenaggio fiscale”.

Aliquote IRPEF e inflazione

Come sapete, il reddito delle persone fisiche in Italia è sottoposto a tassazione progressiva. Significa che le aliquote IRPEF aumentano in misura più che proporzionale all’aumentare del reddito. Con la riforma del governo Draghi, entrata in vigore nel marzo scorso, sono scese da cinque a quattro. Gli scaglioni IRPEF individuati sono i seguenti:

  • 23% fino a 15.000 euro
  • 25% da 15.001 a 28.000 euro
  • 35% da 28.001 a 50.000 euro
  • 43% sopra 50.000 euro

Esiste anche un complicato sistema di detrazioni fiscali, che nei fatti sgrava del tutto i primi 8.500 euro per i pensionati, 8.174 euro per i lavoratori dipendenti e 5.500 euro per i lavoratori autonomi. Questi scaglioni IRPEF sono fissi, vale a dire che non cambiano di anno in anno, se non a seguito di una qualche riforma fiscale. Il combinato tra aliquote IRPEF progressive e inflazione dà vita a un fenomeno deprecabile noto come drenaggio fiscale, in inglese “fiscal drag”.

Supponete di essere un contribuente lavoratore dipendente con un reddito lordo maturato in un dato anno di appena 8.000 euro. Rientrando nella “no tax area”, non verserà un solo euro al Fisco. Discorso diverso per le addizionali regionali e comunali, che potrebbero essere dovute e sull’intero importo. A seguito di un tasso d’inflazione del 12%, il datore di lavoro decide di aumentare la retribuzione per l’esatta perdita del potere di acquisto.

Il reddito dichiarato salirà a 8.960 euro.

Mazzata con scaglioni IRPEF fissi

Cosa succederà in sede di dichiarazione dei redditi? Dovrete pagare circa 180 euro di IRPEF allo stato. Infatti, avete superato lo scaglione IRPEF che vi esentava del tutto dal pagamento dell’imposta. Il punto è che tale superamento è avvenuto per il solo effetto dell’inflazione; cioè, a parità di potere di acquisto, pagherete più tasse. Questa spiacevole sorpresa si presenta a ogni reddito in prossimità delle soglie sopra indicate. E anno dopo anno paghiamo più tasse senza neppure accorgercene.

Quale sarebbe un modo per evitare il drenaggio fiscale sul nascere? Indicizzare gli scaglioni IRPEF all’inflazione, così che di anno in anno si paghino le aliquote IRPEF senza gravare ulteriormente sui contribuenti. L’alternativa sarebbe che il governo di turno, a suo buon cuore, restituisca il maltolto a posteriori. Un’altra alternativa consisterebbe nell’eliminare le aliquote IRPEF progressive, un progetto che sarebbe allo studio del governo Meloni con la famosa “flat tax”. Ristrettezze di risorse, tuttavia, renderanno difficile il debutto della riforma. Nelle sue more, perlomeno il nuovo ministro dell’Economia si ricordi di restituire la sovrattassa patita dai contribuenti a causa dell’inflazione a due cifre.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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