Scandalo Panama Papers: la verità sugli evasori e sul presunto paradiso fiscale

Lo scandalo Panama Papers è politico o fiscale? E' giusto parlare di evasione? Ecco un'analisi diversa da una prospettiva interessante
9 anni fa
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In tema di Fisco internazionale lo scandalo Panama Papers è la notizia del momento: se ne parla tanto, non sempre però propriamente. Qual è la verità sugli evasori e sul presunto paradiso fiscale emerso in seguito all’inchiesta giornalistica lanciata dalla tedesca Süddeutsche Zeitung e ripresa anche dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij)? Cosa c’è di vero ma soprattutto che cosa significano i dati trafugati che coinvolgono anche personaggi famosi, non solo politici (dal regista Pedro Almodovar al calciatore Lionel Messi passando per Luca Cordero di Montezemolo?).

Panama Papers l’evasione non c’entra: il paradiso è politico non fiscale

A ben vedere, aldilà dello scandalo, parlare di paradiso fiscale nella faccenda ribattezzata Panama Papers, è improprio dal punto di vista tributario. La tentazione di cadere nelsensazionalismo è ricorrente ma, come ha confermato il professor Lupi, che insegna diritto tributario all’Università di Tor Vergata, “in questo caso la gran parte dei nomi importanti è di politici e semi-politici o di persone che gravitano nell’attività relazionale e affaristica con la politica.

Nei conti riservati c’è il prezzo delle relazioni, il prezzo degli accreditamenti per fare affari in determinati posti”. Per i non esperti di diritto e materia fiscale, questo significa che le persone coinvolte nello scandalo Panama Papers non cercavano di pagare meno tasse quanto piuttosto di nascondere attività illecite o compromettenti. Questo ovviamente non serve a giustificare la vicenda, anzi. Ma parlare di evasione in senso stretto e di paradiso fiscale è improprio. A tal proposito il professor Lupi spiega: “Quei soldi sono in gran parte provvigioni, tangenti, commissioni, entrature, chiamiamole come vogliamo, che venivano nascoste perché si temevano polemiche o ritorsioni politiche. Visti molti paesi di provenienza, quelle persone non temono il loro fisco, ma i loro nemici politici. Temono che le loro attività possano essere strumentalizzate e di diventare politicamente deboli perché attaccabili da avversari che probabilmente farebbero la stessa cosa”.

Non è un caso, in quest’ottica, che, fatta eccezione del padre del premier britannico David Cameron, tutti i politici coinvolti provengono da paesi in via di sviluppo, con un elevato tasso di corruzione e instabilità politica: Georgia, Iraq, Qatar, Arabia Saudita, Cina, Ucraina, Sudan, Emirati arabi, Russia. Che significa? In questi Paesi la corruzione è una piaga e fare affari non è semplice: spesso c’è bisogno di un intermediario. Al contrario la pressione fiscale è di per sé bassissima “il loro problema non è fiscale ma è politico, non farsi accusare dagli avversari. Se si usa l’espressione ‘paradiso fiscale’, va intesa come sinonimo di riservatezza, non rispetto al fisco ma rispetto ai tuoi nemici politici”.

Alessandra De Angelis

In InvestireOggi.it sin dal 2010, svolge il ruolo di Caporedattrice e titolista, e si occupa della programmazione e selezione degli argomenti per lo staff di redazione.
Classe 1982, dopo una laurea in giurisprudenza lavora all’estero per poi tornare in Italia. Cultrice dell'arte della scrittura nelle sue diverse declinazioni, per alcuni anni si è anche occupata di Content Seo per alcune aziende del milanese.

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