Gli scatti salariali in Italia sono lenti e insufficienti. Lo conferma il rapporto 2017 della Fondazione Bruno Visentini secondo cui i giovani italiani impiegano non meno di 18 anni di lavoro per raggiungere un adeguato livello di indipendenza economica dai genitori (o da altre forme di sostegno finanziario). Facciamo peggio delle generazioni precedenti (nel 2004 ad un giovane di 20 anni servivano circa 10 anni per affermarsi e fare carriera) ma, e questo è un dato da non sottovalutare, meglio di quelle che ci seguiranno. Le stime infatti non sono affatto ottimistiche: nel 2020 lo stesso giovane impiegherà 18 anni per avere indipendenza economica e nel 2030 addirittura 28.
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Il rapporto, che mette a confronto l’età in cui si inizia mediamente a lavorare tenendo conto anche degli stipendi medi e degli scatti salariali, colloca l’Italia al penultimo posto della classifica. Fa peggio di noi ad oggi solo la Grecia.
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E la ricetta per risollevare i giovani da questa situazione di stallo sembra attingere proprio dai risparmi delle generazioni precedenti. Secondo la conclusione della Fondazione Bruno Visentini infatti occorrerebbe una rimodulazione dell’imposizione fiscale che tenga conto della maturità fiscale. In altre parole: tasse proporzionate in base all’età, con sconti fiscali per i giovani e contributi di solidarietà dalle pensioni d’oro.
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