Il 9 dicembre scatterà lo sciopero generale del pubblico impiego. Lo hanno proclamato con forza i sindacati che protestano col governo Conte per il mancato rinnovo dei contratti di lavoro. Niente di nuovo, fa parte del vetusto ritornello all’italiana della prima Repubblica.
Quello che però suscita indignazione fra i lavoratori è il momento. Proclamare uno sciopero nazionale in piena pandemia e bloccare i servizi pubblici è quantomeno meno vergognoso e sprezzante. Forse i sindacati, benché abbiano tutte le ragioni di questo mondo per protestare, non ancora hanno ben capito cosa sta succedendo in Italia.
Statali in sciopero il 9 dicembre
Oltretutto bisogna dire che in questo momento le differenze sociali si sono ampliate. Mentre i lavoratori pubblici, godono (da sempre) di ampie garanzie, i lavoratori privati rischiano il posto di lavoro. Oggi più di ieri. Le aziende fremono per licenziare e non appena lo stato di emergenza finirà e il governo rimuoverà il blocco dei licenziamenti, scoppierà il finimondo. Questo lo sanno anche i sassi.
Non solo, le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono mediamente più alte di quelle del settore privato. Negli anni la forchetta è andata ampliandosi al punto che si parla spesso di privilegi più che di stipendi. Oggi, poi, gran parte della pubblica amministrazione è in smart working, cioè lavora comodamente da casa in pantofole. Mentre gli operai sono costretti a spostamenti quotidiani per recarsi in fabbrica o sul luogo di lavoro. Con maggiori rischi di contagio da Covid-19, naturalmente. E i dati Inail sono impressionanti da questo punto di vista.
Sciopero insensato, ma forse c’è una logica
Detto questo, i sindacati, che non sono ignari del quadro della situazione, che fanno? Proclamano sciopero generale il 9 dicembre per ottener più soldi in busta paga per i loro tesserati e simpatizzanti. In un momento critico in cui lo Stato sta cercando in tutti i modi di aiutare il settore produttivo e difendere migliaia di posti di lavoro che rischiano di saltare.
Qualcuno ha però asserito che dietro le mosse dei sindacati ci siano gruppi di pressione che intendono fomentare il caos in Italia. Con lo scopo evidente di alimentare odio e tensioni sociali fra le varie categorie di lavoratori. Niente di più probabile nell’era moderna. Del resto, scardinare l’ordine precostituito o smantellare il welfare italiano porterebbe dei vantaggi economici per chi investe e detiene debito del nostro Paese. A parte ciò, da un recente sondaggio emerge tuttavia che solo uno statale su cinque intende aderire allo sciopero nazionale, proprio per una questione di coerenza e rispetto nei confronti del settore privato che soffre.
Le rivendicazioni dei sindacati
Ma veniamo ai motivi dello sciopero proclamato dai sindacati: la prima rivendicazione è quella del rinnovo dei contratti, scaduti da due anni. Soldi, quindi, circa 105 euro in media in più a dipendente pubblico. Lo Stato è indebitato fino al collo col rischio che non ci saranno più soldi per pagare pensioni e stipendi pubblici, ma tant’è, si chiede l’aumento.
Le altre rivendicazioni sindacali sono la fotocopia di quanto viene richiesto da 30 anni a questa parte. E cioè: maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro, stabilizzazione del precariato (soprattutto nella scuola) e più assunzioni. Luoghi comuni che ormai lasciano il tempo che trovano.