“La vostra vita è una grande, continua, coazione a ripetere di tipo maniacale. Uscite sempre alla stessa ora, rientrate sempre alla stessa ora, fate migliaia di volte lo stesso tragitto. Lo spazio all’imprevisto e alla novità è ridotto ai minimi termini. Quando accade, anzi, risulta un ostacolo“, afferma Simone Perotti. Effettivamente la vita finisce spesso per diventare una routine. Ne sono un chiaro esempio la sveglia mattutina impostata sempre alla solita ora e il tempo trascorso sul posto di lavoro alle prese con le varie faccende quotidiane.
Proprio l’attività lavorativa può rivelarsi spesso particolarmente stancante e stressante, tanto da non vedere l’ora di poter finalmente andare in pensione. Per poter accedere a tale trattamento è necessario possedere determinati requisiti anagrafici e contributivi. Nel caso in cui la propria azienda abbia del personale in esubero, però, è possibile in determinati casi uscire anticipatamente dal mondo del lavoro grazie all’isopensione. Ecco in cosa consiste e chi può usufruire di tale interessante opportunità.
Se l’azienda ha personale in esubero si può andare in pensione fino a 7 anni prima con isopensione
Anche nel corso del 2023 saranno molti i lavoratori che potranno andare in pensione prima del previsto. Tra le misure che rendono ciò possibile si annovera l‘isopensione. Quest’ultima, così come si evince dall’articolo 9, comma 5-bis del Decreto Milleproroghe numero 198 del 29 dicembre 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, è stata prorogata fino al 2026. Entrando nei dettagli l’isopensione permette ai datori di lavoro con più di quindici dipendenti, alle prese con eccedenza di personale, di concordare dei piani di esodo anticipato a carico dell’azienda stessa.
In questo modo è possibile incentivare l’uscita dei lavoratori più anziani a cui mancano pochi anni di contributi per ottenere il riconoscimento della pensione di vecchiaia o anticipata. I lavoratori interessati potranno così andare in pensione con ben sette anni di anticipo.
Ma non solo, l’azienda deve offrire la disponibilità a farsi carico dell’acconto previdenziale per i lavoratori con anni contributivi mancanti. Ovvero il datore deve provvedere a versare all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale il cosiddetto “assegno di esodo“. Sarà in ogni caso compito dell’Inps valutare i requisiti contributivi del dipendente e dimensionali dell’azienda per decidere se autorizzare o meno gli accordi di esodo.