Si avvicina la scadenza per la presentazione della legge di Bilancio per il 2025 e gli animi tra i banchi del governo appaiono più distesi di quanto paventassero i media. Il gettito fiscale risulta superiore alle previsioni del Def di aprile. Si stimano entrate tributarie per almeno 3 miliardi in più. E c’è ancora da verificare le adesioni al concordato preventivo biennale, che potrebbero portare nelle casse dello stato fino a 4 miliardi. Grazie a questi dati positivi, il taglio delle tasse in favore del ceto medio sarebbe possibile.
Ex secondo scaglione Irpef assorbito nel primo
Da quest’anno gli scaglioni di reddito ai fini Irpef sono stati ridotti da quattro a tre. Erano cinque fino al 2021. C’è stato l’assorbimento dell’ex secondo scaglione Irpef nel primo. E così, oggi tutti i redditi fino a 28.000 euro sono sottoposti all’aliquota Irpef del 23%. Restano un secondo scaglione per i redditi tra 28.001 e 50.000 euro con aliquota del 35% e un terzo sopra i 50.000 euro al 43%.
Attenzione si sposta sul ceto medio
Il ceto medio ha beneficiato sinora solo marginalmente del taglio delle tasse dello scorso anno. Da un lato l’aliquota Irpef del 25% è stata abbassata al 23% per i redditi tra 15.001 e 28.000 euro, dall’altro i redditi sopra 50.000 euro hanno subito decurtazioni forfetarie delle detrazioni per 260 euro. In pratica, la minore imposta è stata per loro potenzialmente del tutto sterilizzata.
La terza legge di Bilancio del governo Meloni prevedrebbe che il secondo scaglione reddito per l’Irpef si ampli fino a 60.000 euro. Questo significa che i contribuenti che dichiarano redditi tra 50.001 e 60.000 euro beneficeranno certamente di un minore carico fiscale. Su quella porzione di reddito pagheranno un’aliquota Irpef del 35%, anziché del 43%. In realtà, il beneficio sarebbe maggiore nel caso in cui il governo procedesse al contempo ad abbassare la seconda aliquota dal 35% al 33%.
Simulazione beneficio massimo
Prendiamo un reddito di 60.000 euro o più. Con l’ampliamento del secondo scaglione Irpef l’imposta da versare allo stato si ridurrebbe di 800 euro (8% in meno su 10.000 euro). Se la seconda aliquota scendesse al 33%, il beneficio salirebbe a 1.440 euro per risparmi di 120 euro al mese (10% in meno sugli ultimi 10.000 euro e 2% in meno sui redditi tra 28.000 e 50.000 euro: -1.000 e -440 euro rispettivamente). Il costo dell’operazione sarebbe compreso tra 2,5 e 4 miliardi, a seconda del tipo di intervento.
Ci sono da considerare altri 10 miliardi per confermare il taglio del cuneo fiscale con risparmi nella contribuzione a carico dei lavoratori dipendenti del 7% per retribuzioni lorde fino a 25.000 euro annui e del 6% tra 25.000 e 35.000 euro. La premier Giorgia Meloni si è mostrata in totale sintonia con Confindustria sul punto. Il presidente Emanuele Orsini ha fatto presente che gli stipendi degli italiani siano inferiori alla media europea, mentre il costo del lavoro risulta superiore. La differenza se la pappa lo stato tra tasse e contributi Inps.
Interventi solo su secondo scaglione Irpef per ora
E’ quasi certo che non ci saranno interventi fiscali benefici sopra il secondo scaglione Irpef. La terza aliquota del 43% resterà invariata, anche se insisterà su una minore platea di contribuenti per quanto sopra spiegato. Sarebbe un ottimo segnale per gli investitori italiani e stranieri se scendesse sotto il 40%, ma ristrettezze di bilancio e ragioni politiche stanno dissuadendo la maggioranza dall’imboccare questa strada per il momento. Il governo verrebbe accusato di favorire i “ricchi”, per cui la questione sarà rimandata alle prossime manovre finanziarie, quando il taglio delle tasse a carico del ceto medio sarà stato completato e divenuto percettibile.
Sempre agevolazioni per i più ricchi partite dal basso
Quelli da 0 – 15.000 non arriviamo nemmeno a 900 euro
Netti di pensione al mese portate la no tax area a 15.000,00
Una pensione lorda di € 1700 netto 1280 bisognerebbe abbassare le detrazioni ai scaglioni bassi