Se vince il centro destra alle elezioni, Quota 41 sarà l’obiettivo primario della riforma pensioni. Parola di Matteo Salvini, leader della Lega che tira dritto sul programma per evitare il ritorno pieno alla Fornero nel 2023.
Del resto, con la fine di Quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di contributi) il 31 dicembre, non resterebbero più alternative alla pensione di vecchiaia a 67 anni. O a quella anticipata, ma con ben 42 anni e 10 mesi di contributi (12 in meno per le donne). Decisamente troppi.
Quota 41 per tutti se vince il centro destra
Quindi tutti in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Una proposta che trova appoggio anche dei sindacati che hanno visto franare le trattative instaurate con il governo Draghi lo scorso febbraio.
Obiettivamente Quota 41 non sarebbe l’ideale per riformare il sistema pensionistico, ma è il massimo che si può ottenere in questo momento per evitare il ritorno della Fornero. Come spiega Salvini
“ll primo gennaio dell’anno prossimo, se il Parlamento non fa niente, torna in vigore la maledetta Legge Fornero, maledetta la Legge, non la Fornero che significherebbe cinque anni in più di lavoro”.
L’unico ostacolo e non è di poco conto è la spesa. Quota 41 dovrebbe essere finanziariamente sostenibile, secondo quanto finora detto dal presidente Draghi e dall’Inps. E non lo è. Secondo l’Istituto di Previdenza Sociale costerebbe alle casse dello Stato 18 miliardi di euro fino al 2025.
Uno cifra impossibile da trovare visto anche l’impegno di spesa statale per rivalutare le pensioni l’anno prossimo (25 miliardi di euro in tre anni). A meno che non si vadano a prendere i soldi da altre parti o si approvi uno scostamento di bilancio.
Chi realmente beneficerà della riforma
Quota 41 – dicono gli esperti di previdenza – rischia però di rimanere uno dei tanti slogan elettorali di questo periodo. Anche perché i tempi per fare una riforma del genere sono veramente stretti.
Oltretutto andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età non produrrebbe particolari vantaggi sociali ed economici. Oggi si può uscire dal lavoro poco più tardi a 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne).
Inoltre la riforma lascerebbe tagliati fuori i giovani. Come osserva Annamaria Furlan, ex segretaria della Cisl, pochissimi avranno in futuro 41 anni di contributi per ottenere la pensione prima di raggiunger ei 67 anni di età per la pensione di vecchiaia.