Senza un ‘QE per il riarmo’ l’aumento della spesa militare sarà difficile

Se la BCE non varasse entro tempi brevi un "QE per il riarmo", aumentare la spesa militare in Europa sarà molto complicato per i governi.
51 minuti fa
4 minuti di lettura
Senza QE per il riarmo aumento della spesa militare difficile
Senza QE per il riarmo aumento della spesa militare difficile © Licenza Creative Commons

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato ieri che punta a bypassare il voto dell’Europarlamento per far approvare direttamente dal Consiglio europeo, cioè dai 27 capi di stato e di governo in UE, il piano per il riarmo da 800 miliardi di euro in 4 anni. Si avverrebbe così dell’art.122 del Trattato, consapevole ha aggiunto che “non vi piacerà”. Se la politica si mostra quasi ovunque divisa tra favorevoli e contrari, sarà probabilmente la realtà ad imporsi sui piani di Bruxelles. Senza un “QE per il riarmo” della Banca Centrale Europea (BCE), difficile che l’aumento della spesa militare possa avvenire come immaginiamo.

Senza QE per riarmo, boom dei rendimenti europei

Dribblare l’Europarlamento avrà un costo politico non indifferente, anche se dà l’idea dell’urgenza assegnata dalla Commissione al tema. Ma ieri il mercato obbligazionario ha parlato chiaro. I rendimenti tedeschi sono esplosi ai massimi da circa un anno e mezzo e mai così tanto in un’unica seduta dal 1997. Il Bund a 10 anni è passato dal 2,48% al 2,78% in poche ore. Per nostra fortuna lo spread si è mantenuto invariato, anzi è leggermente sceso. Fatto sta che in appena tre sedute siamo passati dall’offrire il 3,47% per il decennale a quasi il 3,90%. In queste prime battute mattutine, il Bund è salito ancora al 2,93% contro il 3,96% del BTp. Spread verso 100 punti, ma con rendimenti in forte rialzo. Le distanze tra BTp e Oat francesi sono altresì ridottesi a soli 30 punti, ai minimi dal 2010.

La Germania invoca flessibilità per i parametri fiscali comunitari. Sembra sentir parlare l’Italia di qualche tempo fa. Ha bisogno di sforare finanche il 3% del deficit sul Pil per procedere sia all’aumento della spesa militare che al potenziamento delle infrastrutture domestiche.

Il cancelliere “in pectore” Friedrich Merz sta trattando con i socialdemocratici un “bazooka” da 1.000 miliardi in 10 anni in deficit. Siamo ad un punto di svolta in politica economica, sebbene Berlino prima o poi si troverà costretta a chiedere non soltanto l’allentamento del Patto di stabilità, bensì un “QE per il riarmo” alla BCE. Finirebbe per violare un altro storico tabù tedesco.

Piano UE e impatto sui bilanci nazionali

Di cosa parliamo esattamente? Il piano UE prevede che i governi possano aumentare la spesa militare dell’1,5% del Pil ogni anno e per almeno 4 anni. A patto che i maggiori investimenti siano destinati a finanziare alcune voci del bilancio legate realmente alla sicurezza e a progetti transnazionali. In più, i governi potranno richiedere fino a 150 miliardi di euro di prestiti in tutto. Stando alle stime, il piano costerebbe complessivamente sugli 800 miliardi. Esso parte dal presupposto, però, che i governi non saranno in grado sin da subito di spendere tutto il maggiore 1,5% del Pil consentito.

In effetti, se così fosse la maggiore spesa militare in 4 anni ammonterebbe ad oltre 1.000 miliardi. A cui aggiungere i 150 miliardi di prestiti UE. Salirebbe a circa 1.200 miliardi, ma verosimilmente la cifra finale sarebbe ancora più alta, dato che all’aumentare del Pil nominale crescerebbe anche il deficit massimo consentito ogni anno. I mercati si troveranno alluvionati dalle nuove emissioni di debito pubblico. Alla maggiore offerta corrisponderà una richiesta di rendimenti più alti. La spesa per interessi a carico degli stati salirà e sulle intere emissioni. Tanto per fare un esempio, un aumento a regime dello 0,50% dei costi di emissione per l’Italia equivarrebbe a più di 11 miliardi netti ai valori attuali.

Parliamo di mezzo punto di Pil.

L’unico modo che avremmo per sterilizzare l’impatto dell’accresciuto debito sui mercati sarebbe che la BCE varasse un QE per il riarmo. Destinerebbe una somma all’acquisto dei titoli di stato e comunitari, a copertura dell’importo previsto per finanziare ogni anno l’aumento della spesa militare. Ad esempio, potrebbe partire da un budget di 100-150 miliardi per salire a 200-250 miliardi negli anni successivi. In questo modo, ad una maggiore offerta di debito corrisponderebbe una maggiore domanda della stessa entità. I rendimenti europei resterebbero grosso modo immutati e i costi di emissione anche. Ciò agevolerebbe la svolta.

Ostacolo inflazione

Il problema di un QE per il riarmo sarebbe l’inflazione. Fintantoché essa resti così alta – al 2,4% a febbraio nell’Eurozona, sopra il target del 2% – la BCE non potrà valutare a cuor leggero una simile opzione. Anche perché si contraddirebbe da sola. Ha appena smesso di reinvestire le scadenze con il PEPP e già ha posto fine da tempo ai reinvestimenti con il QE. Sta riducendo mese dopo mese il suo bilancio, al fine di mitigare la liquidità sui mercati e agevolare la discesa dell’inflazione.

Monetizzare l’aumento della spesa militare ufficializzerebbe l’interferenza della politica fiscale nelle decisioni di politica monetaria. Sarebbe un grosso vulnus per la credibilità dell’istituto. A meno che non vi fosse un ampio consenso politico in Europa per tollerare un più alto tasso di inflazione, almeno transitoriamente. Fu la proposta dello scorso anno lanciata dal presidente Emmanuel Macron, che citò proprio la necessità di finanziare la transizione energetica e le spese militari.

I tedeschi si spingerebbero a tanto? Stiamo dimenticando un dato oggettivo: la Grosse Koalition tra i conservatori di Merz e i socialdemocratici che sta per nascere in Germania è numericamente e politicamente debolissima.

QE riarmo impopolare in Germania

Dovete sapere che se l’UE vuole bypassare il voto dell’Europarlamento, Merz intende modificare la regola costituzionale sul “freno al debito” convocando il Bundestag uscente, non disponendo della maggioranza necessaria dei due terzi nel nuovo. Siamo ai limiti della forzatura democratica in entrambi i casi. Se il futuro cancelliere si facesse interprete del desiderio dei governi europei di spingere la BCE a varare un QE per il riarmo, l’opinione pubblica tedesca non la prenderebbe per nulla bene. I conservatori hanno già il fiato sul collo dell’AFD alla loro destra. Alle elezioni federali del 23 febbraio il distacco è stato di appena 8 punti percentuali. Al prossimo giro non sarebbe da escludere il sorpasso tra ricorso al debito e allentamento monetario. La Germania non è abituata a cambi di paradigmi così violenti. E il riarmo non piace neanche a sinistra.

[email protected] 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

sul tema ECONOMIA

Bonus nido
Articolo precedente

Bonus Nido 2025: slitta ancora l’apertura della piattaforma INPS

Ricarica Carta Dedicata a Te nel 2025 come funzionerà e che importi dovrebbero arrivare visto che le dotazioni a bilancio sono più basse.
Articolo seguente

Ricarica Carta Dedicata a Te nel 2025: aumentano gli importi o calano?