Settembre non è stato un mese fortunato per l’oro, che perso circa il 5%, pari a quasi 90 dollari l’oncia in meno. Il metallo è sceso sotto 1.730 dollari nell’ultimo giorno del mese, quando aveva debuttato nello stesso in area 1.815 dollari. Eppure, l’inflazione corre. Negli USA, ormai supera il 5% da mesi e nell’Eurozona il 3%. Livelli che non si vedevano in entrambi i casi da almeno un decennio.
Poiché l’oro è tipicamente un asset sul quale s’investe per proteggersi contro l’inflazione, a tutti gli effetti questo trend negativo appare un paradosso.
Esiste un’altra correlazione negativa, stavolta con i rendimenti obbligazionari. L’oro è un asset senza cedola. Chi lo possiede, non percepisce alcunché fino a quando non lo rivenderà auspicabilmente a prezzi più alti. Per questo, subisce la concorrenza dei bond, che staccano cedole periodicamente. Ebbene, in un mese il rendimento a 10 anni del Treasury è salito da 1,30% a 1,54%, poco meno di un quarto di punto percentuale. I bond sono diventati più appetibili rispetto al metallo.
Prezzo oro e previsioni future
Ci sarebbe da eccepire, però, che i rendimenti reali siano diventati ancora più negativi di qualche mese addietro. In pratica, l’inflazione ha corso più velocemente dei rendimenti obbligazionari. E questo, in teoria, favorirebbe l’oro. Tutto vero, se non fosse che per il momento il mercato è dubbioso sulla natura di questa reflazione così veloce: temporanea, come sostengono le principali banche centrali, oppure più di lungo termine, a causa degli effetti a cascata che sta già avendo sui prezzi al consumo?
La Federal Reserve ha prospettato l’avvio del “tapering” entro la fine dell’anno.