Inizia una settimana cruciale per le banche centrali. Martedì e mercoledì si terrà il primo board dell’anno della Federal Reserve, che quasi certamente alzerà i tassi d’interesse di un altro 0,25% al 4,75%. Il giorno seguente sarà la volta della Banca Centrale Europea (BCE). Nel caso di Francoforte, la stretta è prevista dello 0,50% al 3%. Dentro il board, però, tra “falchi” e “colombe” volano gli stracci sulle misure da adottare per le riunioni successive. La scorsa settimana sono scesi in campo entrambi gli italiani presenti nel Consiglio.
Secondo gli analisti e lo stesso mercato, i tassi d’interesse saliranno per altre due volte dello 0,50%, portandosi al 3,50%. Se nel frattempo l’inflazione nell’Eurozona continuasse a scendere – e ci sono tutti i segnali in tal senso, vedasi il crollo del prezzo del gas – la BCE arresterebbe la stretta. Ma il vero campo di battaglia tra Nord e Sud Europa nel Consiglio si sta spostando sul bilancio dell’istituto. Va da sé che nessuno immagina credibilmente che i tassi d’interesse salgano fino al 4% o oltre. La mediazione verte semmai su uno 0,25% in più o in meno. Bazzecole!
Non solo tassi d’interesse, occhi su bilancio BCE
Tuttavia, la politica monetaria non si esaurisce con la fissazione diretta del costo del denaro. I “falchi” hanno puntato da mesi gli occhi sul bilancio. A gennaio, valeva ancora 8.000 miliardi di euro. Esso è composto perlopiù dagli oltre 5.000 miliardi di bond acquistati sin dal 2015 con il “quantitative easing” e tra marzo 2020 e marzo 2022 con il PEPP.
Ed ecco che vengono in soccorso i prestiti erogati alle banche con le aste T-Ltro. In scadenza quest’anno ve ne sono 812 miliardi di euro, a cui si aggiungono 506 miliardi nel 2024 e per i quali sarà possibile effettuare il rimborso anticipato. Limitandoci all’ordinario, tra QT e T-Ltro in scadenza il bilancio della BCE a fine anno scenderebbe a circa 7.000 miliardi. Se, poi, la BCE riuscisse ad ottenere dalle banche anche la restituzione anticipata dei prestiti in scadenza l’anno prossimo, scenderebbe ulteriormente a 6.500 miliardi.
Liquidità in eccesso resta alta
Attualmente, le banche dispongono di liquidità in eccesso rispetto alle riserve loro richieste dalla BCE per 4.500 miliardi. Ancora troppa e tale resterebbe anche a dicembre. Questo dato limita l’efficacia della politica monetaria. Poiché le banche posseggono liquidità in abbondanza, non hanno bisogno di richiederla tra di loro, né di rivolgersi alla clientela. I tassi d’interesse sul mercato stentano a salire e l’inflazione rischia di restare elevata a lungo. In verità, la stragrande maggioranza di questo eccesso di liquidità si ha nel Nord Europa. Ed è anche per questo che i “falchi” tedeschi e olandesi, in primis, pretendono soluzioni più drastiche. A rischio instabilità dei prezzi vi sono proprio le loro economie.
D’altra parte, la BCE continua a possedere tanti titoli di stato di alta qualità come i Bund in qualità di collaterale di garanzia per i prestiti concessi alle banche. Ciò riduce la quantità disponibile sui mercati e tiene relativamente bassi i loro rendimenti, gonfiando gli spread.