Ultimamente, l’invio di lettere da parte dell’INPS sta causando il panico. E’ shock pensioni per le richieste pervenute in tempi di pandemia da numerosi pensionati. Con queste lettere choc, l’Istituto previdenziale ha richiesto somme ingenti da restituire per via di errori di calcolo sugli assegni.
E’ possibile difendersi da richieste del genere?
Quando l’INPS tramite raccomandata richiede la restituzione di soldi per errori di calcolo ha sempre ragione?
Bisogna pagare davvero entro 30 giorni ciò che chiede l’Istituto?
Quando si è tenuti a farlo?
Shock Pensioni: bisogna restituire i soldi chiesti dall’INPS?
Molti titolari di pensione temevano di andare in rosso per restituire il denaro richiesto dall’INPS.
Una richiesta del genere è lecita?
I soldi chiesti in restituzione vengono erogati un tanto al mese dall’INPS. Soldi che il pensionato mese per mese ha speso, magari cifre irrisorie che però accumulandosi diventano una cifra consistente.
Il pensionato che riceve una missiva del genere è tenuto a pagare?
No, per legge non è tenuto a farlo. L’INPS non può pretendere la restituzione dei soldi se l’errore di calcolo è stato commesso dall’Istituto stesso.
Il pensionato è obbligato a restituire somme non versate soltanto se ha commesso un dolo tramite una falsa dichiarazione.
Lettere choc dall’INPS: come comportarsi? Cosa fare?
Cosa fare se l’INPS chiede ad un pensionato la restituzione di importi per un errore di calcolo commesso dall’Ente previdenziale?
L’avvocato Celeste Collovati interpellato da Il Giornale ha risposto al quesito.
Gli errori di calcolo commessi dall’INPS possono essere di varia natura: importo superiore a quello dovuto per la pensione, erogazione di una prestazione assistenziale (invalidità) o della pensione di reversibilità del marito defunto.
Accortosi dell’errore, anche a distanza di anni e in tempi caotici di pandemia, l’INPS ci prova e invia la richiesta di restituzione.
Ai sensi dell’art. 52 della Legge 88/1989 e dell’art. 13 Legge 412/1991, non è possibile recuperare gli importi corrisposti se chi li ha percepiti non ha commesso un dolo. A tal proposito, è intervenuta la Cassazione.
I soldi devono essere restituiti soltanto se l’indebita prestazione dipende dal dolo del pensionato per falsa dichiarazione.
In un caso eclatante, è stato fatto ricorso: l’INPS ha ammesso, alla fine, la sua responsabilità riconoscendo il suo errore ed annullando la richiesta di denaro.
Ma quanti pensionati colti dal panico hanno pagato senza difendersi pur non dovendo nulla all’INPS?