C’è chi parla di “terza guerra mondiale”, chi teme che l’economia europea ricada in recessione o lo abbia già fatto, mentre tutti notiamo con certezza una cosa: i prezzi dei beni e servizi che acquistiamo salgono sempre più. E nella vita quotidiana sta accadendo in misura spesso nettamente maggiore a quanto rilevi l’ISTAT. C’è un altro fenomeno, tuttavia, forse più odioso dell’inflazione: lo “shrinkflation”.
Il termine significa letteralmente “inflazione da restringimento” (“shrink”, restringere; “flation” sta inflazione). E’ una pratica molto diffusa in America, un po’ meno in Europa.
Denunce social sui casi di shrinkflation
Su Reddit, un sito di social news, in queste settimane vengono pubblicati quotidianamente le immagini di diversi prodotti oggetto di “shrinkflation”, un modo per denunciare le aziende che cercherebbero di ingannare il consumatore. Nel mirino ci sono anche le confezioni di Barilla. Negli USA, rigatoni e spaghetti sono passati da 454 a 410 grammi. Quanto ai secondi, un utente scrive che un anno fa riusciva a comprarli per 0,99 dollari, mentre adesso servono 1,97 dollari, il doppio. Praticamente, il peso è stato ridotto del 10% probabilmente per non aumentare ulteriormente il prezzo dopo i forti rincari già dei mesi passati.
Lo “shrinkflation” non è illegale. Un’azienda ha il diritto di vendere le confezioni che vuole. Si parla semmai di pratica “scorretta”, ma siamo sul piano più etico che economico.
Non è detto, però, che in sé lo “shrinkflation” sia necessariamente negativo. Prendete la pasta. Quante volte ne utilizziamo un’intera confezione e a fine pasto non l’abbiamo effettivamente consumata tutta? Gli sprechi, specie alimentari, sono elevati nel mondo ricco. Probabilmente, continueremmo ad acquistare le confezioni anche a prezzi più alti e a sprecarne il contenuto come sempre. In questo modo, almeno lo spreco verrebbe meno. Ma siamo alla magra consolazione. La verità è che scampare allo “shrinkflation” significa pagare di più acquistando prodotti di un’azienda concorrente. Più che una truffa, il fenomeno cerca di salvare capre e cavoli: andare incontro al consumatore per evitargli una stangata diretta, tenendo il passo con i maggiori costi e mantenendo integri i margini di profitto.