La Ue dà il via libera al salario minimo europeo. Dal prossimo anno ogni Stato membro dovrà adottarlo se sprovvisto. In Europa esiste già per 22 Paesi su 27. E l’Italia, manco a farlo apposta, è fuori.
Ma che cosa è il salario minimo e quanto può risolvere in concreto i problemi del lavoro e dei redditi bassi? Difficile dare una risposta a priori, tuttavia una regolamentazione deve essere introdotta onde ridurre lo sfruttamento della manodopera e il lavoro nero.
Salario minimo 2022, una svolta per l’Italia
A spingere più di tutti verso il salario minimo in Italia, già da tempo, è il presidente del Inps Pasquale Tridico.
“Vorrei che il 2022 fosse l’anno del salario minimo che favorirebbe soprattutto donne e giovani e di forti politiche per le donne, nella legalità contributiva, che è la vera leva per la sostenibilità del sistema previdenziale a beneficio anche delle pensioni future“.
Sicché, un minimale retributivo compreso fra 8 e 9 euro all’ora sarebbe in grado di includere tra il 15 e il 25 per cento dei lavoratori finora esclusi. Persone attualmente sottopagate e spesso anche non in piena regola.
Il vantaggio sarebbe quello di favorire maggiori introiti nelle casse dello Stato, ma anche più contributi a sostegno dei fondi pensionistici pubblici. Ne deriva quindi un miglioramento fiscale e contributivo per tutti.
La direttiva europea
La direttiva Ue per l’introduzione del salario minimo rappresenta quindi una svolta per l’Italia. Per la maggior parte dei Paesi Ue si tratterà solo di un adeguamento avendolo già adottato da tempo. Secondo il ministro del Lavoro Andrea Orlando, il salario minimo europeo
“dà una risposta forte a due fenomeni che caratterizzano il mercato del lavoro: il dumping salariale e la presenza di molti lavoratori poveri“.
Fenomeni che caratterizzano e penalizzano l’Italia da anni con ricedute sul tessuto sociale (indice di povertà in forte aumento).
Resta poi da vedere se realmente il salario minimo porterà vantaggi per tutti. Non è detto – secondo gli esperti – che, al momento della contrattazione collettiva, i datori di lavoro tendano ad approfittarsene.
Vale a dire proponendo contratti tarati sul minimo salariale nel rispetto della legge, senza tenere conto di professionalità, esperienze, competenze. C’è infatti il rischio, se non prevenuto all’origine, di uno schiacciamento dell’applicazione dei contratti verso il basso.