Si è parlato più volte dello smart working e dei suoi vantaggi abbinati sicuramente a svantaggi più o meno noti. In ultimo un legame non meno importante potrebbe essere quello tra smart working e donne. Sembra, infatti, che il lavoro agile potrebbe in qualche modo penalizzare il popolo femminile, già svantaggiato non di rado quando si parla di lavoro.
Lo smart working potrebbe svantaggiare le donne?
Durante il Meeting di Rimini, è stato Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, ha sottolineare che le donne che lavorano in smart working potrebbero incorrere in alcuni rischi, senza contare coloro che dopo il lockdown neppure stanno cercando occupazione: “Prendiamo una signora con tre figli: per quella donna, andare a lavorare era un’occasione per uscire da un certo ambiente e sviluppare elementi di socialità, il lavoro era occasione per interagire con altre persone, e un lavoro a distanza non dà questa possibilità”.
Dallo svuotamento delle città alla paura di tornare in ufficio
Secondo uno studio di Linkedin, inoltre, gli italiani che in questi mesi hanno lavorato in smart working hanno paura di tornare in ufficio. Le motivazione sono legate sia ad un problema di sicurezza che di reddito. Dal punto di vista della sicurezza, il 51% dei lavoratori ha paura che i colleghi o i datori di lavoro non rispettino le norme in ufficio, il 26% ha paura per il proprio reddito e in generale per i risparmi. E non è tutto, lo smart working sembra aver colpito anche le grandi città, ormai svuotate da mesi.
Città come Milano, che secondo Il Sole 24 Ore aveva guadagnato 100mila residenti provenienti da altre regioni, soprattutto dal Sud, negli ultimi mesi si è vista ridurre fortemente il numero di persone che fino a prima del lockdown non solo lavoravano in città ma consumavano anche, frequentando locali, ristoranti e negozi.
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