Ci voleva il coronavirus per dare la sveglia al telelavoro della pubblica amministrazione in Italia. Almeno per quanto riguarda il settore amministrativo, quello d’ufficio, che vede ormai da anni gli impiegati lavorare costantemente davanti al computer grazie soprattutto all’impulso dato dalla digitalizzazione.
E dire che il telelavoro esiste già da anni, ma per gli uffici pubblici, almeno per il settore back office, non è mai stato attuato per ragioni ancor oggi sconosciute, con conseguente aggravio di costi per lo Stato costretto a pagare per tenere in piedi uffici che all’alba del terzo millennio non servono a nulla.
Lo smart working
Così adesso, vista l’emergenza epidemica, il governo spingerà sempre più verso lo “smart working” ovvero il lavoro agile, meglio conosciuto come telelavoro. Il premier Conte spingerà le amministrazioni ad adottare questo tipo di modello di lavoro, come già prevede un circolare del Ministero della Funziona Pubblica che delinea tutte le misure da adottare spiegando anche che l’obiettivo è coinvolgere il 10% del personale pubblico. “La progressiva digitalizzazione della società contemporanea – si legge nella circolare ministeriale – le sfide che sorgono a seguito dei cambiamenti sociali e demografici o, come di recente, da situazioni emergenziali, rendono necessario un ripensamento generale delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa anche in termini di elasticità e flessibilità“.
La casa come ufficio
Per elaborare una richiesta di certificato anagrafico, per svolgere una pratica auto o per dare seguito a una domanda di pensione, sarà quindi sufficiente disporre di un computer e un collegamento internet da casa con il quale poter accedere ai relativi archivi e banche dati digitali della pubblica amministrazione. Ciò che l’impiegato fa in ufficio, lo potrà svolgere anche da casa.
I vantaggi dello smart working
Il settore privato è già un passo avanti in questo senso, più all’estero che in Italia. In Estonia, ad esempio, gli uffici comunali sono tutti online e le pratiche non vengono svolte fisicamente in Comune ma direttamente da impiegati collegati quotidianamente alla rete e che magari risiedono a chilometri di distanza dal cittadino. Le banche si stanno attrezzando meglio di tutti per lo smart working, vista la crisi che sta colpendo il settore per altre ragioni che non sono prettamente legate al coronavirus. In Italia, la legge già prevede un monitoraggio sul funzionamento dello smart working: nella circolare si sottolinea che le amministrazioni “curano e implementano il sistema di controllo per una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e/o la misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti“. Sarà quindi la necessità di evitare il più possibile il contatto col pubblico a spingere la PA ad agire in fretta e a rivedere il modello di funzionamento del lavoro d’ufficio, con notevoli vantaggi (non solo economici) per la collettività.