Entro il 15 ottobre, i dipendenti pubblici dovranno tornare a lavorare in presenza. Lo smart working resterà possibile fino a un massimo del 15% dell’organico. La decisione è stata voluta dal ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta. Il lavoro agile sarà possibile anche a tempo indeterminato, purché frutto di accordi individuali tra amministrazione e lavoratore. La revoca è sempre possibile senza preavviso nel caso di giustificato motivo oggettivo. Servirà altrimenti un preavviso di 30 giorni, periodo che sale a 90 giorni per i lavoratori disabili.
La linea di Brunetta ha fatto molto discutere. Quando sembrava che il lavoro da remoto fosse diventato un nuovo “benchmark” per il mercato, ecco fioccare le critiche e le resistenze alle nuove modalità. Lo smart working divenne un’ancora di salvataggio per il settore pubblico e privato in piena pandemia. Milioni di dipendenti in Italia poterono continuare a percepire lo stipendio e a far funzionare gli uffici lavorando da casa.
Critiche allo smart working, fa paura
Negli ultimi mesi, si sono affacciati numerosi detrattori. La percezione è stata particolarmente negativa per i dipendenti pubblici. Gli uffici hanno sfiorato la paralisi con la pandemia e molti cittadini-utenti hanno avuto l’impressione che una forte concausa sia stato proprio il ricorso allo smart working. In sostanza, lavorare da casa per imboscarsi, per sfuggire a quei già pochi controlli esistenti negli uffici pubblici. L’istituzionalizzazione dei furbetti del cartellino. Un’equazione brutale, perlopiù non veritiera, ma i ritardi accumulati dalla Pubblica Amministrazione nello svolgimento delle sue mansioni l’ha resa un’opinione diffusa.
C’è di più. Lo smart working è stato necessariamente improvvisato. Milioni di persone sono state costrette a lavorare da casa senza strumenti sufficienti e sicuri. I dispositivi elettronici in uso si sono rivelati in molti casi il ventre molle della sicurezza informatica e della tutela della privacy.
Esistono anche timori più di natura macroeconomica. Milioni di persone che lavorano da casa o, comunque, a distanza significa colpire il business di tutte quelle attività che gravitano attorno alla loro mobilità. Parliamo dei bar, dei ristoranti, delle stazioni di servizio e fino ai negozi di abbigliamento e accessori. Certo, in cambio si rafforzerebbero altri business, data la necessità degli smart worker di lavorare in un ambiente confortevole e riadattato per la propria professione. Ma i rischi immediati di shock negativi prevarrebbero sui potenziali benefici. E i governi hanno paura di trovarsi ad affrontare senza sufficiente preparazione e in brevissimo tempo una rivoluzione che cercheranno di rallentare nel tempo.